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Abruzzo: viva preoccupazione per le infrastrutture delle A24 e A25

Intervista ad Augusto De Sanctis, attivista in progetti di tutela ambientale

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Dopo il crollo, a Genova, del Ponte Morandi, sembra che all’improvviso si sia risvegliato l’interesse per lo stato delle infrastrutture nel nostro Paese. Come al solito, purtroppo, solo una tragedia (spesso drammaticamente annunciata) riesce a smuovere gli animi e, soprattutto, le istituzioni. Ancora peggio che il giusto risalto ai problemi si debba consegnare all’operato di trasmissioni televisive, piuttosto che a quello degli specialisti del settore, che da sempre si occupano di monitorare e denunciare il degrado di strade e ponti (ma non solo). Un mal costume tutto italiano che in quest’occasione vogliamo “rovesciare”, chiamando in causa un attivista da anni in prima linea con progetti che si occupano della tutela ambientale, con un occhio di riguardo all’Abruzzo dell’ormai famigerata Strada dei Parchi, Augusto De Sanctis.

Augusto, chiariamo subito la questione A24/A25, il rischio di crolli è davvero così imminente e probabile, come abbiamo scoperto in queste ultime settimane?

Noi abbiamo un enorme problema, che in termini economici ha una rilevanza pari a circa tre miliardi di euro. I viadotti in questione non sono adeguati alle nuove normative antisismiche, come d’altronde moltissime altre infrastrutture sparse per l’intero territorio nazionale. Purtroppo molti piloni sono al momento degradati, perché le opere furono edificate negli anni ’70 e da allora non sempre sono state sottoposte a un’adeguata manutenzione. I necessari lavori hanno ovviamente bisogno di una certa tempistica che è condizionata proprio dallo stato attuale dell’usura. Eventuali terremoti, di conseguenza, potrebbero fare al momento danni laddove la manutenzione è stata finora insufficiente. Attualmente le autostrade in questione, nei tratti sottoposti a verifica da parte del gestore, hanno valori dell’indice di sicurezza in molti casi di poco superiori al minimo e in tre casi addirittura al di sotto. Dati, peraltro, ritenuti non attendibili dai tecnici del Ministero.

Come si è potuti arrivare a una tale, catastrofica, situazione?

Bisogna precisare che noi ci occupiamo delle autostrade già da molti anni, impedendo il mega progetto che avrebbe bucato tutte le montagne abruzzesi per un nuovo tracciato. I cittadini ci avevano già segnalato alcuni viadotti fatiscenti, come quelli di Isola del Gran Sasso, ma solo pochi giornali locali ne avevano divulgata la notizia. Poi c’è stato il crollo del Ponte Morandi, che ha creato un effetto mediatico tale da far muovere anche le testate più famose, come la trasmissione Le Iene. Io mi sono recato personalmente a visionare questi viadotti, con un nostro ingegnere e tornando a casa, benché sia abituato a seguire situazioni notoriamente dolorose, come la mega discarica di Bussi, devo ammettere che mi sono sentito sconvolto. Anche le immagini, che pur da sole fanno indignare, non possono traumatizzare quanto toccare con mano il calcestruzzo e vederlo sgretolare. Oltre all’impatto emotivo, va rilevato che si solleva anche un moto di rabbia, perché queste autostrade furono realizzate dai nostri padri, a fronte di enormi investimenti di denaro pubblico. Vederle ridotte in tali condizioni, tra l’altro con pedaggi così esosi, indigna parecchio. Si è discusso molto dell’operato di Danilo Toninelli, ma chi dovrebbe dare delle risposte sono soprattutto i suoi predecessori. L’attuale ministro ha però parlato di situazione eccezionale, dopo aver inviato i suoi ispettori, come se questi controlli non si potessero eseguire, ma non è così, basta leggere la convenzione per appurare che, in fondo, chiunque si poteva recare, in qualsiasi momento, a visionare lo stato delle infrastrutture. A nostro avviso ora il Ministero dovrebbe ordinare una verifica da parte di un organismo completamente pubblico.

Qual è quindi la prospettiva futura per questi tratti?

Visti gli indici di rischio citati, ammesso e non concesso che descrivano l’esatto livello di sicurezza, certamente c’è bisogno di un intervento radicale. Che la manutenzione ordinaria sia mancata è sotto gli occhi di tutti, quindi il fattore tempo incide parecchio, perché non possiamo sapere quando il territorio sarà sottoposto a un nuovo terremoto. In Abruzzo ciclicamente avvengono scosse telluriche che possono raggiungere anche i 7.5° della scala Richter, molto rare in verità, mentre più frequenti sono quelle al di sotto dei 6°, per cui la questione è sapere se anche in seguito a queste le strutture potranno cedere. Oltretutto il degrado non si arresta mentre noi ne stiamo discutendo, ma proseguirà finché non s’interviene, di conseguenza appare evidente come i rischi aumentano, per l’appunto, con il trascorrere del tempo. Ecco perché la tempistica degli interventi a mio avviso sarà fondamentale. Auspico quindi un nuovo e motivato impegno civile da parte di tutti i cittadini, se davvero si voglia provare a risolvere questa e altre drammatiche situazioni. Non si può pensare che il peso, vi garantisco molto oneroso, di denunciare tutto ciò che non funziona, debba passare solo attraverso il lavoro delle associazioni, ormai gravate di un peso eccessivo, visti anche i tanti impegni cui bisogna far fronte.

I recenti avvisi di garanzia che la Procura di Teramo ha emanato nei confronti di sei tecnici, hanno definitivamente legittimato la necessità di fare chiarezza sui supposti inadempimenti manutentivi delle autostrade A24 e A25. Dalle parole di Augusto De Sanctis, comunque bilanciate e avulse da facili speculazioni di carattere “spettacolare”, che evidentemente non gli appartengono, abbiamo percepito quali e quanti siano i rischi che stiamo correndo. Infatti, oltre a quelli, facilmente immaginabili, che ci inducono a temere altre tragedie annunciate, ci sono le possibili ripercussioni economiche e sociali, dovute a un’eventuale chiusura, anche se temporanea, di quei tratti. Lì dove transita una linea ferroviaria con un unico binario, è facile immaginare che tale prospettiva riporterebbe l’Abruzzo e gran parte del Centro-Sud Italia, indietro nel tempo fino agli anni ’50. Anche da parte nostra, pertanto, l’invito rivolto alle istituzioni e ai concessionari si concentra in quest'unica frase: fate in fretta e fate bene.

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