L’invecchiamento è un processo di accrescimento non lineare di un organismo in funzione del tempo, che si colloca alla fine del ciclo esistenziale. La norma sociale attribuisce a partire dai 65 anni l’inizio della senescenza, durante la quale si assisterebbe ad un declino fisico e cognitivo. Lo stato emotivo differente tra anziani e giovani inciderebbe prepotentemente sulla “percezione del tempo”, che è la presa di coscienza del cambiamento del sé e della realtà circostante. Lo svela la tesi sperimentale discussa, nei giorni scorsi all’Università di Chieti “D’Annunzio”, dal 36enne giornalista lucano Alessandro Sileo, durante l’ultima sessione invernale di laurea magistrale in Psicologia Cognitiva.Lo studio, intrapreso sotto la supervisione del relatore e nonché docente di Fondamenti di Scienze Cognitive, Alberto Di Domenico, ha interessato un campione di 52 partecipanti di un gruppo di 26 anziani (over 65) ed un altro di 26 giovani (dai 18 ai 35 anni), entrambi composti da 13 maschi e da 13 femmine. I partecipanti, ricercati a Chieti e a Potenza, sono stati coinvolti negli esperimenti di percezione temporale eseguiti al computer. L’obiettivo era quello di indagare la preferenza emotigena nel corso della vecchiaiatra le espressioni facciali neutre, felici o tristi. Si è partiti dalla prima ipotesi che il tempo sembri passare velocemente con l’avanzare dell’età, in base all’effetto “telescopio” scoperto nel 1986 dallo psicologo olandese Willem Wagenaar.«Questa distorsione temporale- spiega Alessandro Sileo - dipenderebbe a parere dei neuroscienziati Meck e Paton dai livelli d’attivazione dei neuroni dopaminergici nel mesencefalo che sono imputati nella regolazione dell’orologio biologico interno».
L’indagine è stata preceduta da una fase pre-sperimentale, durante la quale sono stati somministrati test clinici per valutare nei volontari la capacità di memoria verbale, lo stato emozionale, eventuali tratti depressivi e il declino cognitivo solo in chi è più avanti con l’età. Gli stessi volontari sono stati sottoposti a prove che consistevano nella valutazione emotigena di volti attribuendo un punteggio da 1 a 9 sulla base della scala delle emozioni “Self-Assessment Manikin”. Questo lavoro di Sileo (già in possesso di due lauree triennali in Scienze della Comunicazione e in Scienze e tecniche psicologiche),che si è aggiudicato il massimo dei voti in sede di proclamazione, confermerebbe anche la “teoria dell’effetto positività” della Mather e della Carstensen, secondo la quale gli anziani darebbero priorità alle emozioni positive sia nella percezione e sia nella memoria. Abbiamo prestato attenzione ai tempi di reazione - spiega Alessandro Sileo - che rispecchiano la reattività di percezione soggettiva rivolta alla comparsa delle immagini sul monitor.Il punto di forza di questa sperimentazione è l’utilità clinica per monitorare demenze, disturbi emotivi, di memoria e di ritardo psichico in ottica di follow-up. Altro vantaggio è quello legale - ha concluso Sileo - per appurare l’integrità psichica di potenziali testimoni oculari appartenenti alla classe longeva con lo scopo di accertare l’attendibilità delle loro deposizioni nella fase processuale».