Marco Rapino ci mancherà. La sua recente e inattesa scomparsa ci lascia infatti sgomenti e più soli. Ci mancherà per la sua umanità, fatta di curiosità, disponibilità e fiducia, così come per le competenze archeologiche e la vena creativa di cui era dotato.
C’eravamo conosciuti nella prima fase degli scavi archeologici di piazza San Vitale, sul finire del XX secolo, quando la Parsifal società cooperativa aveva cominciato ad impostare quel grande cantiere che avrebbe prodotto - tra il 1997 e il 2014 - rinvenimenti e scoperte sensazionali, in grado di illuminare un lungo periodo della storia di San Salvo, l’Età antica e l’Alto Medioevo, finallora largamente ignoto. Ricordo gli incontri “sul campo”, quando io gli fornivo informazioni sul centro storico cittadino e lui mi ragguagliava, entusiasta, sulle novità degli scavi. Tra le altre cose, gli dicevo di un condotto sotterraneo che portava l’acqua alla Fontana Vecchia e di una voce popolare che raccontava che quell’acqua “viene dalla zona del Cimitero”. Nel 2001, a seguito dei lavori di rifacimento del “muraglione” di via Fontana Vecchia, lo sbocco di quel condotto venne finalmente alla luce. E per Marco e per tutti noi fu l’inizio di un viaggio, a ritroso nel tempo e nello spazio, che avrebbe portato gradualmente alla scoperta e al recupero di quattro pozzi o putei lungo un percorso di circa 150 metri.
Contemporaneamente Marco Rapino, Fabio Sasso e Davide Aquilano esploravano e studiavano l’acquedotto romano delle Luci di Vasto (Histonium), anche questa un’opera ipogea di alta ingegneria, lunga circa 2.000 metri e dalla portata (2 litri al secondo) quasi doppia rispetto all’acquedotto romano di San Salvo. In tal modo si acquisivano nuovi dati, in grado di farci comprendere meglio non solo le tipologie costruttive ma anche la ramificazione degli apporti e il metodo di captazione delle acque. Così diveniva finalmente possibile portare a compimento la scoperta di entrambi i condotti mancando per quello di Vasto la parte terminale (dalla villa comunale alle Cisterne) e per quello di San Salvo la parte media e superiore.
Marco Rapino era proprio in attesa di poter completare il percorso ipogeo di Vasto (l’ultima esplorazione propedeutica era stata tenuta, con una strumentazione tecnica, il 12 settembre scorso) e di poter raggiungere il pozzo n. 5 a San Salvo, poco oltre via Enrico Fermi, per poi risalire il successivo tratto in direzione del Cimitero. Poiché lo storico vastese Luigi Marchesani, in un suo viaggio a San Salvo nella prima metà dell’Ottocento, aveva rilevato la presenza nel nostro centro storico di un deposito di acqua o cisterna, ne avevamo parlato più volte, lui convinto che sorgesse al termine dell’acquedotto io invece che si trovasse più a monte, dalla parte opposta dell’edificato urbano di età imperiale. Nel 2018 e 2019 ci siamo ancora più volte incontrati per una consulenza archeologica sulla storia di San Salvo ed anche in questa occasione ho potuto verificare la sua sensibilità ricevendo molte più schede, informazioni e immagini del richiesto.
Insieme a Katia Di Penta, Presidente della cooperativa Parsifal, mi aveva anche portato a visitare gli ultimi scavi di tombe romane nel cantiere della ditta Angelo De Cinque, alla 167, nei pressi della scuola primaria di via Verdi.
Il sogno di Marco Rapino e la sua preziosa opera didattica (attraverso le visite guidate al pozzo pentagonale e all’acquedotto romano di San Salvo, le visite guidate al Museo archeologico civico sempre di San Salvo, le mostre a Vasto, i progetti con le scuole, le conferenze, gli allestimenti ecc.) si sono dunque bruscamente interrotti il 14 novembre 2020; ma a noi almeno resta il lascito di questa importante eredità di esplorazioni e di conoscenze, che si somma a quanto ci avevano già lasciato Michele Benedetti, Andrew Slade e altri studiosi che sono venuti prima.
Parafrasando il testo inciso sulla lastra bronzea di patronato dedicata ad Aurelio Evagrio (del 383 d.C.), rinvenuta nei pressi di San Salvo nel 1966, vogliamo perciò anche noi - come comunità - affermare adesso “la più grande gratitudine” per Marco perché insieme ad altri non residenti ha dato lustro a questo luogo consentendo a tutti i cittadini di essere fieri non solo del presente ma, per cominciare, degli avi e del proprio passato.