Diario pandemico di un privilegiato. Se sei a rischio contagio, devi fare il tampone per verificare se hai addosso il virus. Accendi il computer, hai i giga illimitati ed un collegamento veloce. Scarichi il modello del laboratorio di bioanalisi, lo riempi con i tuoi dati, alleghi le copie dei documenti che hai provveduto prima a scansionare. Fai il test. Il costo viene addebitato sul tuo conto. Se hai bisogno di metterti in isolamento, non è difficile, prenoti una camera. Il panino è da asporto. La colazione, dove il cornetto è più fragrante. Per fare questo devi avere un computer, una rete telematica, una stampante e poi tutto il resto. Roba che per una coppia qualsiasi di pensionati o di una famiglia incapiente, rappresenta la scalata di una parete rocciosa a mani nude. Senza contare la rete di conoscenze, la nutrita rubrica telefonica di medici che ti chiamano per nome e ti rispondono al secondo squillo. Ma è per tutti così? No che non è così. Lo smantellamento della rete sociale e sanitaria non pesa sui privilegiati, pesa sui più deboli. Per anni ci siamo bevuti le teorie snob-bocconiane del mito del privato, dei prodigi della concorrenza e del mercato. Pur chiamandoci “società”, abbiamo dimenticato il senso dell’essere società, del condividere destini e speranze, risorse ed opportunità. Come ipnotizzati dalla musica suadente del successo e della competizione, abbiamo immolato il senso dello stato alle sofisticate teorie farlocche enunciate con la erre moscia di chi sapeva raccontare l’economia e la società del futuro. Il risultato è ciò che vediamo. Ogni ospedale chiuso, ogni servizio sospeso, ogni pezzo dello stato sociale smantellato, in onore del dio mercato, oggi grida vendetta. Grida vendetta per ogni donna e per ogni uomo lasciato solo a risolvere il proprio problema. Dovremo ricordarci di questi giorni. Dovremo tornare a scoprire cosa significa essere una società di donne e di uomini. Dovremo ricordarci cosa significa fratellanza e solidarietà. Forse dovremo ricordarci, a sinistra, cosa significa essere di sinistra. Significa condivisione, significa solidarietà, significa condividere il pane. Per questo ci si chiamava compagni. Cum panis, con lo stesso pane.