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Covid. La salute psicologica degli operatori sanitari è a rischio

Lo studio dell'università "D'Annunzio"

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Tra gli operatori più a rischio di presentare disagio psicologico ci sono gli infermieri e gli OSS, le donne, gli operatori più giovani e quelli che lavorano nelle zone maggiormente colpite dall'emergenza (centro - nord della penisola). I dati relativi alla regione Abruzzo sono particolarmente incisivi.

237 operatori sono stati coinvolti nell'indagine: infermieri: 45.6%; medici: 35.4%; operatori socio-sanitari: 8%; tecnici: 10.9%. Tra loro il 45.1% ha subito almeno un decesso tra pazienti, familiari o conoscenti. Il 25.3% di tutti gli operatori sanitari abruzzesi ha sentito necessità di supporto psicologico. Restringendo il campione agli operatori in prima linea (184) sale al 52,2% il numero ha subito almeno un decesso tra pazienti, familiari o conoscenti. Il 27,2% di tutti gli operatori sanitari abruzzesi ha sentito necessità di supporto psicologico. Il 19.6% per sintomi depressivi; il 28.3% per sintomi di ansia; il 51.1% per sintomi post-traumatici; e il 23.9% sintomi di burnout. Questa è la situazione fotografata dai risultati dell'indagine sull'impatto dell'emergenza Covid-19 sulla salute psicologica degli operatori sanitari condotta dalla Cattedra di Psicologia Clinica dell'Università G. d'Annunzio di Chieti durante il mese di aprile 2020. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista statunitense PloS One ed ha coinvolto circa 1120 professionisti della sanità italiana, di cui la maggior parte donne (circa il 77%). Si tratta di infermieri (41%), medici (22%), OSS (20%), tecnici e operatori (17%) impegnati sia nelle prime linee ospedaliere e della medicina di base che nelle retrovie dei laboratori e dell'assistenza.

Il 54% degli operatori in prima linea ha dichiarato il bisogno di ricevere supporto psicologico, ma di questi, la metà non ha avuto la possibilità di accedere ad alcun servizio. I dati segnalano l'urgenza di interventi di supporto psicologico finalizzati a sostenere gli operatori che quotidianamente si confrontano con l'emergenza e a ridurne il carico emotivo e il burn-out. Un'esigenza che questi mesi di seconda ondata stanno decisamente rafforzando. "L'obiettivo della nostra indagine è stato quello di mettere in evidenza la necessità di tutelare il benessere di chi si occupa della nostra salute. Siamo tutti in debito verso coloro che affrontano l'emergenza Covid-19 con rinnovata dedizione, coraggio e forza di volontà anche in questa seconda ondata. Soldati in prima linea: medici, infermieri, tecnici, professionisti vari della sanità, quasi sempre anonimi perché impegnati nel duro lavoro sul campo dove i momenti di gloria sono pochi e il prezzo da pagare è alto, come evidenzia la nostra indagine" afferma il prof. Piero Porcelli, Ordinario di Psicologia Clinica dell'Università G. d'Annunzio di Chieti.

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