Sono davvero felice di poter condividere con i lettori di sansalvo.net un’autorevole reazione all’esordio della mia rubrica. Giovanni Artese, con la competenza e la visione globale dello storico, ha voluto commentare quanto da me sostenuto qualche giorno fa. E lo ringrazio. Mi auguro che altre voci (non necessariamente concordi) vogliano aggiungersi per animare questa rubrica, concepita con l’unico intento di creare un movimento di idee propositive che, sole (“secondo me”), possono rianimare lo stagno socio-culturale che da troppo tempo mortifica questa città.
Ed ecco di seguito quello che Giovanni Artese mi ha chiesto di divulgare tramite sansalvo.net. Alla prossima e buona lettura, Romolo Chiancone
I miei complimenti a Romolo Chiancone che, pur vivendo a San Salvo solo per alcuni mesi nel corso dell’anno, ha sempre espresso la sua disponibilità e il suo impegno culturale e civile a favore della comunità cittadina. E mi complimento anche per l’ultimo suo articolo dall’eloquente, azzeccato titolo di “San Salvo, una città silente”.
Purtroppo, personalmente non sono convinto che il suo invito alla cittadinanza a parlare, cioè a dibattere dei temi che più direttamente la riguardano, possa sortire effetti positivi. E questo perché l’attuale “silenzio” (che - diciamocelo - sa anche un po’ di omertà) è il frutto di un lungo percorso di storia locale, che ha visto - almeno dal 2002 - gradualmente attenuarsi e scomparire movimenti, comitati (salvo eccezioni) e persino la - sacrosanta per le democrazie - “opinione pubblica”. Una cittadina che aveva, pur se con difficoltà, superato gli impatti dell’industrializzazione (mantenendo vivi alcuni valori e integrando gli immigrati) negli ultimi venti anni ha dovuto assistere alla crisi della sua identità e piegarsi ad una logica di “mercato globale” che impera e decide in ogni campo.
Come è già stato ampiamente evidenziato, ormai viviamo anche noi una cultura globale che vuole che gli uomini siano più figli del tempo che del luogo; e che ciascuno pensi innanzitutto a se stesso (con buona pace delle Chiese) in maniera più o meno edonistica . D’altronde San Salvo vede ogni anno andare via almeno 500/600 persone dalla sua comunità e altrettante giungervi da fuori, dall’Italia e dall’estero. E allora cos’è San Salvo oggi? Semplicemente un luogo come un altro, magari - considerata la fortunata, strategica sua posizione geografica - adatto per particolari investimenti e dunque per specifici profitti.
Perciò mi sento di fare un passo ulteriore rispetto a Romolo e definire la San Salvo di oggi una “terra di nessuno “ (no-man’s- land) in quanto è a disposizione di tutto e di tutti perché sostanzialmente la sua comunità non governa i processi in atto, né economici né sociali. L’aveva già compreso lo storico londinese Andrew Slade negli anni ’90 del Novecento, quando, nel suo “Documenti per la storia di San Salvo” scriveva che la classe dirigente di San Salvo è (per intrinseca debolezza) tendenzialmente “di fuori”, cioè che mentre Vasto è comandata da oligarchie e borghesie rispondenti alle grandi famiglie storiche San Salvo è eterodiretta, per questo anche più esposta alle crisi congiunturali.
Dunque, è vero che non mancano cittadini che oggi a San Salvo hanno voglia di discutere e di confrontarsi. Su temi economici, infrastrutturali, logistici e ambientali ci sono stati ultimamente, ad esempio, diversi apprezzabili interventi (tra cui quelli di Francesco Mazzaferro, Carlo Cardarella, Angelo Pagano): ma è altrettanto vero che né questi interventi né altri sono riusciti effettivamente a innescare il necessario, anzi indispensabile confronto dialettico (appunto per assenza di sensibilità e di spirito di comunità).
E’ chiaro, la mia è una posizione che meriterebbe di essere adeguatamente sviluppata e motivata. Ma comprendo che non è questo il momento anche perché si avverte che a leggere c’è sempre meno stimolo e un testo lungo più di una pagina potrebbe scoraggiare parecchi lettori.
A Romolo, in ogni caso, la mia stima e i miei buoni Auspici per la sua coraggiosa proposta.
Giovanni Artese