"Dopo quello che è successo 7 anni fa, dopo tutto quello che abbiamo passato, 6 anni di udienze, di rinvii fino alla sentenza del 2023, dopo un altro anno per l’appello, cosa vuole da me ancora Rigopiano? Non mi aspetto niente, sono esausto, non ho più paura di una nuova delusione, di sentirmi preso in giro. Mercoledì sarò in aula, con il pensiero ai miei genitori e a chi ha perso la vita con loro, uno sguardo ai giudici e uno agli imputati. Inizi pure lo show. Io sono pronto".
Lo dice all'Adnkronos Marco Foresta, che nella strage di Rigopiano ha perso il papà Tobia e la mamma Bianca Iudicone. E' attesa per mercoledì pomeriggio al Tribunale dell'Aquila, dopo la convocazione in mattinata per eventuali repliche, la sentenza del processo in Corte d’Appello.
I familiari delle vittime non hanno mai smesso di chiedere giustizia, lo hanno fatto con processioni, con magliette a occupare simbolicamente le sedie di aule di tribunali spesso svuotate in pochi minuti per i continui rinvii. Lo fanno ancora oggi, nonostante la delusione bruciante per quanto stabilito in primo grado dal Gup del Tribunale di Pescara Gianluca Sarandrea. Venticinque assoluzioni e cinque condanne lievi suscitarono proteste forti in aula: domani il collegio presieduto dal giudice Aldo Manfredi dovrà decidere se confermare o ribaltare quella sentenza contestata, ritenuta "inaccettabile", "una nuova offesa" per le 29 vittime della valanga che il 18 gennaio del 2017 travolse l'hotel a Farindola.
Per quella strage, la pubblica accusa, rappresentata dal procuratore capo Giuseppe Bellelli e dai pm Andrea Papalia e Anna Benigni, aveva chiesto 26 condanne per un totale complessivo di 151 anni e mezzo di reclusione e quattro assoluzioni. Il 23 febbraio dello scorso anno il Gup ridusse a poco più di 10 anni la pena totale, divisa tra il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, due dirigenti della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, l’ex gestore dell’Hotel Bruno Di Tommaso e il geometra Giuseppe Gatto. Non venne riconosciuto il disastro colposo e, a dispetto di un'inchiesta meticolosa portata avanti per quasi due anni dagli inquirenti, vennero assolti da responsabilità l'ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e l'ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco, oltre ai dirigenti regionali e prefettizi. (di Silvia Mancinelli)