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Esports e calcio: il futuro passa dallo schermo?

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Gli esports sono una delle più grandi novità di quest’epoca nel settore dell’intrattenimento, sia a livello mondiale che nazionale. Per chi non li conoscesse stiamo parlando dei tornei di videogiochi competitivi in cui si sfidano veri e propri professionisti del gaming. Tornei che non solo attirano migliaia e migliaia di spettatori e appassionati sui vari canali di trasmissione (TV, siti internet, piattaforme di streaming) ma che generano anche un giro d’affari con molti zeri. Ed è per questo motivo che alcuni dei più importanti club di calcio professionistico hanno deciso di investire nel comparto creando team paralleli di gamer.

Tra i club che hanno attuato le strategie più interessanti nel settore c’è il team esports del PSG, squadra parigina dominatrice degli ultimi campionati. La squadra di esports francese è partita dal classico FIFA per poi allargare i propri orizzonti e iniziare a mietere successi anche in altre discipline come DOTA2 e League Of Legends.

Una strada simile a quella dello Schalke 04, storico club tedesco con sette Bundesliga in bacheca, che ha dato vita alla propria squadra di gamer nel 2016 impegnandosi nei tornei di FIFA, PUBG e Fortnite e che pochi anni dopo ha venduto la sua licenza per il campionato europeo di League Of Legends al team BDS per la cifra astronomica di 26 milioni e mezzo di euro.

Non mancano esempi del connubio squadre di calcio-squadre di esports anche nella realtà italiana. E tra le più attive ci sono due nomi a sorpresa, ovvero Cagliari e Lecce. È quanto emerge dal recente Esports Reputation Report pubblicato in collaborazione dall’Osservatorio Italiano Esports e IZI S.p.A. relativo alla reputazione online dei team virtuali. Ebbene secondo la ricerca il Cagliari è primo come numero di like su Instagram nel primo trimestre 2024 a più di 68mila, seguito dal Lecce a 30mila e dal Bologna a 13.558.

Un segnale di crescita dell’attenzione per il comparto che, purtroppo, non sta però seguendo un movimento organico, se pensiamo che i club con il più alto numero di tifosi come Juventus, Inter e Napoli si stanno limitando alla partecipazione nei soli tornei di simulazione calcistica più noti. Un approccio conservativo diverso da quello delle realtà europee già citate e che, al momento, impedisce alle società tricolori di sfruttare pienamente il potenziale (anche e soprattutto economico) degli esports.

E questo alla luce della difficile situazione che stanno vivendo i club a causa del calo dei ricavi provenienti dai diritti TV che valgono 900 milioni di euro annui grazie al contratto sottoscritto con DAZN e valido fino al 2029 (per fare un paragone: i diritti TV della Premier League hanno un valore di circa 8 miliardi di euro).

Gli esports potrebbero rappresentare un’ancora di salvezza per il nostro calcio. A maggior ragione se pensiamo che il mercato dei videogiochi a torneo ha toccato il valore di 2,3 miliardi di dollari a fine 2023 e gli esperti affermano, dati alla mano, che potrebbe arrivare a 4,3 miliardi al termine di quest’anno e addirittura superare la cifra record di 12 miliardi da qui al 2030: un tasso di crescita annuo pari al 26,8%.

Nel frattempo di queste enormi potenzialità si sono accorti anche i grandi colossi dell’abbigliamento sportivo come Nike e Adidas. La società americano ha recentemente riconfermato l’accordo di partnership con Riot Games, colosso degli esports, mentre l’azienda tedesca sta collaborando attivamente con team professionistici di alto livello come i francesi di Vitality e gli italiani di Exeed.

Sono dati che dovrebbero far riflettere i nostri vertici sportivi calcistici e non solo. E se pensiamo che nel 2022 uno studio di YouGov presentato alla Fiera di Rimini durante gli Esports Business Days ha confermato che i giovani preferiscono i tornei al calcio giocato si intuisce che non è più il momento di accontentarsi dello status quo, ma bensì quello di ripensare tutto il sistema integrando le modalità di fruizione preferite dalle nuove generazioni nell’offerta sportiva.

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