“La violenza contro le donne è il più grande problema di salute pubblica e di violazione dei diritti umani nel mondo”. Così viene inquadrata dall’OMS -Organizzazione Mondiale della Sanità- la problematica della violenza di genere ed è questo l’assunto di base su cui si è sviluppato il Workshop formativo svoltosi nella mattina di oggi presso la Casa della Cultura di San Salvo.
Presenti il sindaco di San Salvo Gabriele Marchese, il sindaco di Francavilla Nicolino Di Quinzio e molti rappresentanti della fitta rete di organizzazioni che si occupano quotidianamente di maltrattamenti, tra i quali: Gabriele Di Marcantonio, della Fondazione Maria Regina; Enrica Scarpetta, operatore Associazione On The Road; Brunella Capisciotti, del centro antiviolenza Ananke di Pescara; Giuseppina di Bartolomeo, assistente sociale consultorio di San Salvo; Claudia D’Avino, caposala al prontosoccorso di Vasto; Teresa di Santo, dello sportello antiviolenza Associazione SAVE.
L’incontro dal titolo “Violenza di genere e multiculturalità” si inserisce nel più ampio e complesso progetto RETE ADRIA – Rete Antiviolenza per le Donne, le maDRi e le Immigrate nell’Adriatico – nato con l’intento di contrastare con azioni concrete il fenomeno della violenza di genere attraverso il lavoro sinergico (da ciò il termine Rete) degli Enti Pubblici e del Terzo Settore (associazioni di volontariato, organizzazioni, ecc.) di 4 Provincie e e 3 Regioni (Abruzzo, Marche, Emilia Romagna).
Il progetto ADRIA, finanziato dal Ministero delle Pari Opportunità, è stato promosso dal Comune di Roseto degli Abruzzo in partenariato con i Comuni di San Salvo, Porto San Giorgio e Cervia, la Fondazione Maria Regina e l’associazione Focolare Maria Regina.
Il fine di questa iniziativa è quello di costituire, sulla Costa Adriatica, una Rete Intercomunale di servizi contro le violenze di genere e riportare al centro del dibattito, e quindi dell’attenzione, la problematica fondamentale degli abusi sulle donne.
La violenza di genere è infatti definita problema pubblico in quanto non coinvolge solo le vittime, ma anche le istituzioni, le organizzazioni ed in ultimo la stessa società.
La scelta è ricaduta su determinati Comuni situati sulla costa adriatica in quanto in queste zone alla posizione geografica è connessa un’omogeneità nella manifestazione della violenza di genere: i comuni coinvolti hanno infatti simili dimensioni, densità demografica e condizione socio-economica, ma soprattutto sono paesi dove molto forte è la presenza di turisti così come il fenomeno dell’immigrazione; tutte variabili che oltre ad incidere sull’incremento della VdG rendono altamente uniformi in questa aree tale fenomeno e le sue manifestazioni (ad esempio maggior incidenza della violenza sulle donne durante la stagione estiva, il turismo sessuale, ecc.).
Il Progetto Rete ADRIA in base alla ricerca condotta nei Comuni adriatici coinvolti ha evidenziato 4 focus tematici legati alla violenza di genere:
- La protezione e la prevenzione della violenza nelle città adriatiche;
- Violenza di genere in ambiente domestico;
-Violenza ed atti persecutori contro madri e bambine
-Violenza di genere e multiculturalità.
L’ultimo focus , al centro del Workshop di questa mattina, ha affrontato il problema della violenza contro le donne in relazione al fenomeno migratorio
Ogni donna immigrata ha una particolare storia per questo non è facile ravvisare delle cause comuni a tutte le violenze, a partire da questa premessa si può altresì affermare con certezza che ogni migrazione porta con sè dei profondi cambiamenti ( culturali, sociali, ecc.) rispetto la zona di origine, cambiamenti che possono influenzare negativamente la vita delle donne giunte nel nostro Paese.
Oltre la difficoltà di adattamento la donna immigrata può trovare disagio anche in relazione ad altri fattori: la condizione di povertà, le dinamiche familiari (ad esempio un marito/compagno padrone), fattori comunitari (isolamento dalla rete sociale, residenza in quartieri malfamati) e fattori sociali.
Il problema fondamentale delle donne immigrate si può però ravvisare nella capacità di denuncia e soprattuttto nel riconoscimento della violenza subita: molte donne infatti credono di essere loro stesse le colpevoli.
La difficoltà delle donne straniere a riconoscere i soprusi subiti è confermato anche dalle ricerche condotte dalle quali è infatti emerso che le segnalazioni di violenza sono effettuate per il 90% da donne italiane e spesso di livello socio-culturale elevato, inoltre teatro degli abusi è in prevalenza l’ambito familiare.
Il progetto ADRIA ha come fine ultimo quello di rompere il muro di omertà che spesso soffoca i maltrattamenti, attraverso un lavoro di Rete sia tra i Comuni che nei Comuni stessi.
Il percorso che va dalla denuncia della violenza alla sottrazione delle donne a questa violenza coinvolge una serie di servizi che lavorano sinergicamente per combattere la spirale degliu
abusi: i servizi sociali, sanitari, le case di accoglienza, forze dell’ordine, operatori competenti.
Il Comune di San Salvo ha aperto dal novembre scorso, presso la Porta della Terra uno sportello antiviolenza, servizio che può costituire il primo passo verso una vita diversa.
Come donna e cittadina condanno questo tipo di violenza così silenziosa eppure così devastante, e mi auguro che le vittime trovino il coraggio di riprendere in mano le proprie vite.
Le donne devono innanzitutto comprendere che non sono sole nella loro battaglia ma devono soprattutto riconoscere i loro carnefici.
Non mi sento di aggiungere altro, lascio la parola ai numeri:
in Europa la violenza rappresenta la prima causa di morte delle donne nella fascia di età compresa tra i 16 ed i 60 anni; in Italia, ogni tre morti violente, una riguarda donne uccise da un marito, un convivente o un fidanzato. Nelle quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate.