Caro Giovanni condivido il tuo giudizio su come, dal punto di vista
architettonico, urbanistico ed ambientale, inteso come paesaggio
urbano, San Salvo è diventata. Evidentemente la responsabilità degli
errori è a diversi livelli, come i meriti per le cose positive fatte,
ovviamente. Per inquadrare gli indirizzi urbanistici di cui San Salvo
aveva ed ha bisogno occorre una grande sensibilità culturale. Spesso
quando si parla di restauro e progettazione ex novo di edifici o di
centri abitati si usa la parola “Archicultura”. E forse non basta,
perché poi sono anche i mutamenti sociali ed economici ad influire
sulle scelte dei cittadini: sto parlando della scelta di molti San
Salvesi di lasciare le case paterne per andare ad abitare in
abitazioni nuove e più confortevoli.
San Salvo, nel corso degli anni, è cambiata tantissimo, da quando,
figlio di emigranti, negli anni 70, ho conosciuto questo che era un
bel paese, soggettivamente parlando, del sud Italia con vista mare.
Per me che vivevo in una città del nord Europa, nel nord della Francia
industriale, in confronto alla dimensione urbana a cui ero abituato
(alta concentrazione urbana), San Salvo mi appariva come un paese
pittoresco, con una società molto legata alla terra, in paragone,
quasi arcaica; per fare un esempio, mia nonna, casa in cui passavamo
il soggiorno estivo, aveva in camera sua il materasso imbottito con le
foglie di pannocchie di mais.
Tanto è cambiato della San Salvo della mia infanzia, frequentata come
turista prima e poi, dal 74, come residente. A partire dagli odori:
basilico, peperoni, pesche, ragù, si sentivano per ogni strada. E non
parliamo dell’urbanizzazione! Ma tanto è cambiato anche nella società
San Salvese che, con il boom economico, è diventata più ricca e di
conseguenza ognuno ha voluto, legittimamente s‘intende, affrancarsi da
una condizione di vita semplice, di tipo contadina ed accedere ad uno
stile di vita più confortevole, di tipo moderno e consumistico.
Tornando a mia nonna, nella casa di via Orientale in cui abitava, nel
bagno, c’era solo il lavandino ed il vaso: ci si faceva il bagno in
una bagnarola di plastica, riempita dall‘acqua scaldata, prima, sul
fornello a gas. Infatti il boom edilizio comincia in quegli anni e
continua ancora oggi. Tuttora nascono nuovi quartieri. Le nuove
esigenze abitative ed un flusso migratorio italiano che, dall’interno,
tende a concentrarsi sulla costa e le zone industrializzate, e
nell’ultimo decennio, il flusso migratorio dall’est Europa hanno fatto
diventare San Salvo, una città di 20.000 abitanti. Ma le mutate
condizioni sociali hanno fatto sì che le abitazioni del centro,
costituite soprattutto da piccole case che spesso, dobbiamo dirlo, non
rispondono a criteri di sicurezza costruttivi, fossero abbandonate. Da
qui un inesorabile abbandono, da parte dei San Salvesi, di quelle che
erano le case paterne, con un conseguente impoverimento della zona.
Tanti hanno restaurato, ma comunque una casetta rimane tale anche dopo
il recupero, tutt’al più utile per un certo periodo, fino a quando non
si è nelle condizioni di avere un alloggio migliore.
Attualmente, mi vien da dire che, San Salvo non è ne carne né pesce.
Mi spiego: non è più quel caratteristico paese del sud Italia che ho
conosciuto da piccolo, ma nemmeno una città moderna, con un centro ben
restaurato. Nella sua metamorfosi, sembra che il processo non si sia
completato. Ogni intervento di edilizia pubblica è incompiuto. Vedi il
parcheggio di via Montegrappa, che poteva essere una struttura
importante per liberare il centro dalle auto, come ad Atessa e Chieti;
vedi la villa comunale, in cui il verde, nel suo ridisegno, non è
stato e non è, seguito da un paesaggista. A Vasto, alla villa, hanno
fatto un bel lavoro e ad occhio spendendo meno. L’aspetto urbano del
centro è tutto un sali e scendi: case più alte accanto a case più
basse, palazzi storici accanto a palazzi nuovi; chi ha presentato un
progetto di sopraelevazione prima di una certa data ha potuto farlo,
chi invece lo voleva fare dopo la fatidica data, non gli è stato
concesso. Da qui il variegato e multiforme paesaggio urbano. Esempio
emblematico di questa specie di schizofrenia è la Porta della Terra,
una delle costruzioni storiche più importanti di San Salvo, abbattuta
per rispondere alla voglia di modernità dell’amministrazione
dell’epoca, ricostruita poi, quando ci si è accorti dell’errore, ma a
opera compiuta ci si è accorti che forse, visto il venir meno del
valore storico architettonico dell’edificio, forse era meglio non
rifarlo.
Forse è questo, che San Salvo, la sua amministrazione, deve ancora
capire: quale identità per questa Città?
A questo punto sarà sicuramente utile fare un bilancio da cui trarre
le indicazioni utili alla stesura di un progetto identificativo per il
futuro di questa Città.
San Salvo era, e speriamo sarà ancora, una bellissima cittadina del
sud Italia, piena di luce e profumata.
San Salvo 05/03/2011