Doveva essere un viaggio spensierato: un salto sulla costa del Pacifico e una vacanza nella calda California, per coccolare la piccola nipotina. E’ finito con lo straziante schianto contro la torre di New York. Una vita spezzata dieci anni fa, quella dei coniugi Trentini e per colpa di una lucida follia che ha gettato nel baratro migliaia di familiari in tutti gli angoli del Mondo: tanti macabri tasselli di un puzzle umano che fa degli Stati Uniti il crogiolo etnico più variegato della Terra e di New York il suo centro assoluto.
Vincenzo Trentini aveva 67 anni ed era vice preside in pensione; con sua moglie Mary (65 anni) era tra i passeggeri del volo Boston-Los Angeles dirottato e schiantato contro la seconda delle torri gemelle dai terroristi fondamentalisti. Le sue radici erano ancora fortemente radicate a Orsogna, vivace centro della provincia di Chieti e grande serbatoio dell’emigrazione transoceanica. Vincenzo era figlio di Pasquale, che negli anni Venti - e a soli sedici anni - attraversò l’Atlantico per trovare nella tranquilla Everett, nella verde periferia di Boston, la sua fetta di sogno americano. Vincenzo nacque nella stessa cittadina, coccolato da una nutrita comunità di abruzzesi, e da molti conpaesani che riuscirono negli anni a stabilire un rapporto speciale con la loro Orsogna e arrivare perfino al gemellaggio tra le due realtà urbane.
Vincenzo, nella comunità italiana era molto stimato e il viaggio a Los Angeles non era previsto. Il figlio della coppia, ottenuto un biglietto come premio produzione, ha voluto regalare la sua personale soddisfazione ai genitori, sapendoli in ansia per la nascita di una nipotina sulla sponda opposta degli States e martedì era riuscito a vederli partire con la commozione negli occhi. Dopo pochi minuti il buio. I loro nomi sono apparsi tra le spire del caos grazie a Internet e alla consultazione di alcuni siti dedicati alla tragedia e sono rimbalzati nella originaria Orsogna per gettare nel lutto i parenti (le cugine Teresa e Rita, Angela e Vincenzo) e l’intera comunità abruzzese, alla quale lo stesso Vincenzo era ancora fortemente legato.
Quella dei coniugi Trentini è soltanto una tra le numerose storie che nel giorno della tragedia americana si sono concluse senza lieto fine.
La tragica fine di Victor Saracini però ha quasi il segno della beffa e accomuna in una tragica ironia il destino di Trentini e dello stesso Saracini. Due americani di origine orsognese vittime della stessa mano omicida e dispersi nello schianto del primo aereo sul grattacielo di New York.
Victor era il pilota del Boenig 767 dell'American Airlines che con il volo n.175 era decollato da Boston in direzione Los Angeles. Nato 51 anni prima a Lower Makefield Township, in Pennsylvania, Saracini aveva cambiato il proprio cognome anagrafico (Saraceni) adattandolo al suono anglosassone. I suoi genitori vivevano ad Atlantic City(New Jersey) ma Victor affonda le proprie origini nella stessa Orsogna lasciata da Trentini ma pochi ricordano la famiglia che lasciò il paese chietino negli anni 30 del secolo scorso. Diplomatosi nella scuola tecnica del New Messico nel 1976, Saracini iniziò il suo percorso formativo sulla portaerei USS Saratoga come pilota di caccia e lasciò la carriera militare negli anni 80 seguendo l'esempio di migliaia di altri piloti militari cui venne data la possibilità di continuare l'attività nel campo civile. Capace meccanico ed esperto conoscitore della tecnologia aviatoria, Saracini divenne un apprezzato ingegnere aeronautico e un valente istruttore. Dopo un lungo apprendistato su vari modelli di aereo, nel 1998 accettò di guidare il Boeing 757 e 767. Il capitano pilota dell'American Airlines non amava l'etichetta di "originario abruzzese", dal momento che si sentiva abruzzese a tutti gli effetti. E a Boston si era iscritto al club "Sons of Orsogna" per arricchire le proprie radici italiane.
"Ricordo la sua voce perché è rimasta registrata nella segreteria telefonica del cellulare. Non mi è rimasto molto di mio padre ma mi aggrappo a questa labile traccia per mantenere in vita il ricordo."
Brielle Saracini è una dei 3000 figli con età inferiore ai 18 anni rimasti orfani a causa degli attentati dell'11 settembre 2001. Per loro gli Stati Uniti hanno messo a disposizione borse di studio, campi estivi, lezioni personalizzate e supporti psicologici ma molti non riescono ancora a superare il disagio psicologico di un genitore letteralmente polverizzato dal fuoco e dai crolli.
Il manager Franco Lalama, 45enne vittima dei terroristi delle Due Torri, originario di Pacentro, morì aiutando gli altri e si meritò un articolo sul New York Times mentre Colledimezzo ha deciso di lasciare una traccia indelebile per Marisa Di Nardo, nata a New York ma legata al suo paese d'origine. Marisa aveva 39 anni e lavorava per la società finanziaria Cantor Fitzgerald e aiutava i bambini sofferenti attraverso un'associazione per i minori in difficoltà. Di lei si è ritrovata solo la borsa con i documenti. Il piccolo centro abruzzese ha deciso di intestarle una strada e dedicarle un monumento, in piastrelle dipinte che raffigura le torri gemelle con la bandiera statunitense, la statua della libertà ed una foto della vittima. A New York invece le hanno intestato un'associazione, la Marisa’s Children Foundation, che lo scorso anno, in una sola serata di gala, ha raccolto 50mila dollari per aiutare i piccoli che soffrono.
«Stai tranquilla, non è stato colpito il mio edificio».
Lorena Luisi, 46 anni, era nata da genitori emigrati nel ’55 da Sant’Eusanio Forconese, una minuscola frazione della provincia aquilana, ed aveva conquistato due lauree, una in Informatica e l’altra in Economia. Luisi era vicepresidente della “Fiduciary trust company international”, una grande banca d’affari operante a livello internazionale con sede nei piani alti del prestigioso World Trade Center. L’italoamericana ha visto dalla finestra del suo ufficio il tragico schianto del primo aereo contro la torre di fronte a quella dove lei lavorava e ha pensato subito di tranquillizzare la madre, comunicandole i suoi ultimi istanti di vita.
Stessa sorte è toccata a Laura Lee Morabito ma la manager della Quantas Airways, la morte l’ha trovata seduta sulle poltrone del primo Boeing schiantatosi contro le torri del WTC. Figlia di genitori abruzzesi e toscani, Laura aveva deciso di spostarsi verso Los Angeles per lavoro e durante gli attimi finali della sua giovane vita ha tentato di mettersi un’ultima volta in contatto con il marito. Senza riuscirci.