Il 15 maggio 1981 è una data che ha segnato profondamente la vita di Nicola Antonimi, 78 anni, abitante in via Palmoli a San Salvo. Da quel giorno, per lui, è stato un alternarsi di ricoveri ospedalieri. Esperienze drammatiche, che resteranno impresse indelebilmente nella sua carne e nella sua memoria.
Nicola, nasce da una famiglia di contadini nella contrada “Bonomi” di Fresagrandinaria. Per recarsi alla scuola elementare del paese deve percorrere a piedi quattro chilometri, lungo una strada fangosa e cosparsa di rovi. Prima di entrare in classe, ogni mattina, deve calzare le scarpe pulite, che porta dentro un sacchetto di cotone marrone confezionato dalla nonna. Nelle ore pomeridiane sorveglia il bestiame (mucche, capre, pecore). Raggiunta l’età adolescenziale, ha il compito di portare, a piedi, i bidoni di latte appena munto per consegnarli al lattaio di Fresagrandinaria. Il padre compra un camioncino e, l’anno successivo, persino una trebbiatrice. Nicola lavora continuamente, senza sosta. Il 20 aprile 1966 sposa Angiolina Carrozza, una simpatica ragazza di Tornareccio. Nicola, operaio della S.I.V., acquista un camion per il trasporto delle merci. Quando non è impegnato dal proprio turno di lavoro, arrotonda lo stipendio facendo l’autotrasportatore E giunge, intanto, il 15 maggio 1981. Nicola, sotto un bel sole primaverile, sta aspettando in prossimità del suo camion, la fine dei lavori di carico, improvvisamente, nove grossi pali in cemento armato, si staccano da un “muletto” crollando sul suo fragile corpo. Resta imprigionato dal peso dei prefabbricati. Viene immediatamente soccorso da alcuni operai che in un battibaleno lo portano al Pronto soccorso dell’ospedale di Vasto La testa fortunatamente è illesa. Respira affannosamente. Quindici ore sotto i “ferri” e tre mesi in camera di rianimazione. Dopo 378 giorni viene dimesso. Ma è solo l’inizio di un lungo calvario. Le sue condizioni precarie non gli permettono di tornare al lavoro abituale per cui, è costretto ad inviare al direttore della S.I.V la domanda di licenziamento. Nicola comincia a recarsi da un ospedale all’altro. Da Lanciano a Chieti, da Termoli a Larino. Per tre anni, due volte al mese si reca al Centro Ortopedico di Cortina d’Ampezzo. Trascorre altri sei mesi all’ospedale di Zinconia, dove subisce diversi trapianti ossei e la ricostruzione dell’uretere spappolato. Rimane quasi tre anni all’ospedale di Padova. Torna a San Salvo, ma non è finito. Subisce tre interventi chirurgici nell’ospedale di Vasto: il primo all’ernia inguinale, il secondo alla cistifellea e l’altro al fegato. Non ha ancora riacquistato la forma fisica, quando un mattino, sente una spada appuntita penetrargli il cuore. Con l’auto di un cugino viene trasportato di nuovo all’ospedale di Chieti. Il quadro clinico è pesante. Esce dalla sala operatoria con sei bypass.
Nicola ha tre figli, già sposati. Nonostante tutto, le sue condizioni fisiche sono ancora buone.
” La vita è bella - sottolinea Nicola - Dio mi dà la forza di reagire alla sofferenza “. “Non mi piace stare con le braccia conserte” – aggiunge - a cinque anni aiutavo i miei genitori a mungere le mucche. Prima di lasciarci squilla il telefono. Nicola corre subito a rispondere. E’ la voce del primario del reparto di Ortopedia dell’ospedale di Cortina d’Ampezzo.” Domani devi assolutamente trovarti al mio reparto per il 4° trapianto”, “ Quaranta più uno fa 41 - afferma Nicola sorridendo - 41 volte sotto i ferri del chirurgo, che vuoi che sia”.
Nicola Antonini ha una personalità semplice, ma nel contempo, sorprendente; una personalità segnata dall’esperienza della vita, fatta di campi, prati, mietiture, sudore, fatica, sogni, attese, sofferenze. Sono passati 31 dal quel lontano 1981, Nicola continua nel silenzio a combattere contro la sofferenza, con una tale fermezza d’animo che solo Dio può infondere. Saluta agitando una mano, ci prende un po’ di malinconia.