Le dimore gentilizie del principe Fabrizio di Salina, protagonista del romanzo storico Il Gattopardo, reso immortale dal genio di Giuseppe Tomasi di Lampedusa prima e, dal film di L. Visconti poi, sembrano tracciare lo schizzo di Palazzo Pietro Artese a San Salvo per diverse analogie: l’imponenza, l’eleganza, le tante stanze, le famiglie numerose che l’hanno abitata, le carrozze con cavalli e cocchieri, la servitù, e quello che era il giardino di 2000 mq con ben 100 specie di rose diverse, piante di mimose, acacie, bouganville, vialetti e panchine. Di quest’ultimo - ascoltando Ada - Tomasi di Lampedusa, come nel suo romanzo, avrebbe scritto: «... è un giardino per ciechi», perché ci si poteva muovere anche a occhi chiusi seguendo solo i profumi.
Il palazzo fu costruito dal nonno Isidoro Artese nel 1860 circa. La splendida oasi fiorita del giardino, terminò la sua vita - racconta Ada che ancora ne soffre - con una occupazione d’urgenza per uso civico. Le residenze gattopardesche, da Palermo a Donnafugata, non dovevano essere poi molto diverse da questo edificio di corso Garibaldi che – insieme ad altri – testimonia lo splendore architettonico e una magnificenza di cui, la nostra città, è stata protagonista in passato.
Ada Artese, è una dei tanti eredi/proprietari del palazzo, esso, infatti, è una sorta di multiproprietà venutasi a creare con i lasciti paterni negli anni. Da pochi giorni sono state rimosse le ultime impalcature esterne del restauro e, questo edificio che sembrava destinato alla decadenza, con questi lavori rinasce alla sua dignità iniziale e si dona all’ammirazione della città tutta. Ada è l’unica proprietaria che ancora vi abita - tutti gli altri vivono altrove - una presenza vigile la sua che si è impegnata tenacemente affinchè, a quella che è stata la dimora dei suoi avi, venisse restituita: la purezza, l’eleganza e la dignità di quella originale.
La facciata esterna - dopo 13 mesi di restauro - si presenta al primo sole di primavera come una primadonna cui spetta un tributo di applausi, per la sua caratura artistica e la sua classe. Il lavoro è stato curato dall’ing. Alfonso D’Annibale, di Vasto, con l’incarico di progettazione strutturale e architettonica e direzione dei lavori. Egli, ha profuso in questo impegno non solo fedeltà a tutti i committenti, ma soprattutto all’edificio originale, con un lavoro delicato quanto intelligente. La bella facciata in mattoni che, il tempo, aveva ferito e deturpato in modo che sembrava irreversibile, ora, ha riacquistato - come è ben visibile nelle foto - una luce che sembra far brillare anche la strada e le auto che transitano. L’accurato lavoro di pulizia profonda dei mattoni e il rifacimento delle fughe, è stato eseguito con molta cura dall’impresa Zappetti Costruzioni di San Salvo, usando miscele speciali che hanno riportato l’edificio al colore e aspetto originario.
Ada ci fa entrare in casa passando attraverso il bel portone d’ingresso dall’aspetto nobiliare, con arco a tutto sesto e lunetta sovrastante in artistico ferro battuto che evidenzia le iniziali paterne. In passato, esso aveva subito un lavoro di restauro che è stato - giustamente definito - brutale. Durante l’ultima guerra mondiale Palazzo Pietro Artese fu occupato da un comando tedesco prima e inglese poi, che ne fecero il loro quartier generale. La bella foto in bianco e nero a corredo dell’articolo, proviene dall’archivio dell'Imperial war museum London.
Nella zona della casa abitata da Ada, si possono ammirare: un mobilio elegante e di un certo valore storico e artigianale di varie epoche e, tanti quadri (olii e acquerelli) opere di sua sorella Rosina Artese - la prima pittrice sansalvese - che la storia della città ricorda, la quale è stata una stimata narratrice pittorica degli angoli più belli di San Salvo. Lavori che esprimono il suo mondo interiore, felicemente coniugato con le tante serenità naif colte nel paesaggio urbano ed extraurbano. Questo restauro di qualità dell’edificio, insieme ad altri, ha ulteriormente impreziosito San Salvo e restituito il fascino che, il tempo, aveva rubato alla nobile costruzione.
Certo non è completo e... non è tutto, poiché, per gli altri numerosi interni, si dovranno trovare ulteriori sintonie e... denari. L’augurio di tutta la città è: che si possa arrivare a recuperare l’armonia totale di ogni singola parte di questo palazzo, affinchè - in futuro - il gattopardo sansalvese possa tornare a danzare in tutti i suoi spazi un vorticoso valzer, fatto di note culturali a servizio della cittadinanza. Parafrasando Tomasi di Lampedusa e, svuotando di significato politico la sua celebre espressione, per Palazzo Pietro Artese osiamo dire:
«... bisogna che tutto cambi affinchè tutto torni com’era» e... anche di più!
FOTO ATTUALI: Ines Montanaro
FOTO D’EPOCA: archivio Ada Artese