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Prima edizione Premio Emily, un'occasione importante per parlare della violenza di genere

Grande soddisfazione del direttivo #premioemily #cupello #violenzadigenere

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Con la cerimonia di premiazione del 12 agosto è calato il sipario sulla prima edizione del Premio Letterario Emily - i mille volti della violenza. 
Ma come possiamo spiegare una piazza piena in una sera d'agosto in un paese di 5000 anime come Cupello
Le risposte sono molteplici. Innanzitutto una organizzazione impeccabile con cura di tutti i dettagli. Un direttivo snello, ognuno con un proprio compito preciso. Una vulcanica presidente, Teresa Maria Di Santo, grande supervisore e padrona di casa. Un direttore artistico, Virginio Di Pierro, che ha curato tutto nei minimi dettagli e fatto da grancerimoniere nella serata finale. Tutti hanno lavorato come volontari e il Premio si è autofinanziato grazie alla lungimiranza di tanti sponsor: tutte le spese sono state a carico dell'organizzazione a partire  da palco e Siae; persino le sedie sono state caricate e disposte in piazza dai componenti del direttivo e delle giurie. 
Gli ospiti sono stati di grande spessore e grande merito va al direttivo per aver invitato a Cupello Alfredo Favi, marito di Ada D'Adamo premio Strega '23 e Nino Germano giornalista Rai. La fortuna ha poi voluto che tra i vincitori ci fosse Alberto Pellai, famoso medico, psicoterapeuta, ricercatore e coduttore di un programma su Radio24 che ha impreziosito ulteriormente la cerimonia. 
Cosa ci ha detto questa prima edizione? Che i libri in concorso sono spesso degli sfoghi di persone che hanno visto o subito violenze e vogliono urlare al mondo il loro turbamento. 
Perché è importante il Premio Emily? 
Come ha detto sul palco il senatore Sigismondi, è importante parlare di violenza e bisogna farlo in tutti i modi e luoghi. 
La violenza è un fenomeno endemico e trasversale, radicato nella struttura delle nostre società; riguarda tutte e tutti, e ancora più da vicino noi professioniste e professionisti del settore culturale, che per lavoro dovremmo comunicare e produrre cultura e favorire una crescita della nostra comunità. È compito di tutti noi denunciare situazioni che possano costituire un terreno fertile per il radicarsi della violenza di genere ogniqualvolta si verifichino, accrescendo la consapevolezza e la sensibilità su queste tematiche. È anche compito nostro elaborare e diffondere, sulla base della critica dell’esistente, una cultura che non produca sistematicamente violenza.

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