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Alessio Di Rocco : “dopo un tumore maligno al 4° stadio ogni giorno è un miracolo”

Storie di incontri e di amore per la vita

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Questa è la storia di una coppia innamorata come tante altre Emanuela De Borrello e Alessio Di Rocco che condividono entrambi il cammino con la “Madonna del Silenzio” dopo la scoperta di un tumore al cervello maligno al 4° stadio.

Quando e come vi siete conosciuti?

Cinque anni fa al matrimonio di mio cugino. Sono stato conquistato dalla sua grande simpatia ed energia. Cominciammo subito a frequentarci e di lì a poco la cosa era diventata più seria.

Qual era il vostro rapporto con Dio?

Io andavo a messa e mi rivolgevo a Dio sempre ma soprattuto nei momenti del bisogno. A un certo punto della mia vita l’andare solo a messa la domenica non mi bastava più. Sentivo la necessità di qualcos’altro e siccome sapevo che la cugina di Alessio era responsabile di un gruppo di preghiera della “Madonna del Silenzio” a Vasto cominciai a chiedere informazioni in merito e iniziai a frequentare anch'io. Una volta a settimana ci riunivano ai Gabrielini a Vasto per pregare insieme il rosario con l’icona della “Madonna del Silenzio”. Più volte avevo invitato anche Alessio ma non ne voleva proprio sapere.(Emanuela)

Io credevo in Dio ma nutrivo una netta repulsione per la chiesa perché vedevo tutto ciò che di negativo c'era al suo interno e di cui sempre ci parlano i media. (Alessio)

Quando avete incontrato la malattia?

Considero il mio tumore come il tocco del male buono. Due anni fa il 4 giugno andai al pronto soccorso perché avevo avuto una prima crisi epilettica. Mi rimandarono a casa perché pensavano che non era niente e dopo 3 giorni ero di nuovo lì con un forte mal di testa e uno spasma al braccio. Si decisero a farmi una risonanza e da questa risultò che avevo una massa al cervello. Il primario dell’ospedale mi voleva mandare a Pescara. La sera mi misi a cercare su internet informazioni e in questa ricerca mi apparse il San Raffaele di Milano e anche il nome e tutte le informazioni di un dottore che prestava servizio in quest’ospedale, Nicola Boari. Nicola era anche il nome di un mio nonno a cui ero molto legato e che non c’era più. L’indomani lo contattai ma mi rispose una segretaria che mi riferì che solitamente il dottore non parlava al telefono coi pazienti ma mi disse: “Mi lasci il suo numero eventualmente le faccio sapere". Passai una notte insonne anche se avevo sempre pensato che questa era una vita di passaggio avevo tanta paura e rabbia, “perché proprio a me?”. Mia cugina portò un sacerdote dell’Incoronata di Vasto per farmi confessare, Padre tonino Levita. Dopo quella confessione cominciai a cambiare atteggiamento nei confronti della chiesa. E cominciai a confidare nel Signore a recitare il rosario tutti i giorni e a trascorrere molto tempo nella cappella dell’ospedale. In stanza con me c'era un signore di 83 anni di Monteodorisio che aiutavo a mangiare e in altre piccole necessità. Quando arrivava la moglie, che aveva qualche anno in più rispetto al marito, non solo mi ringraziava ma mi portava da bere ogni mattina l'acqua del pozzo del Santuario della Madonna delle Grazie del suo paese. In questo piccolo gesto ci vedevo un segno della misericordia e della grandezza del Signore soprattutto perché sapevo che questa signora nonostante fosse anziana e non ce la facesse a camminare, doveva farsi un bel tragitto non comodo per procurarmi quell' acqua. Il sacrificio di questa donna ha alimentato la mia voglia di lottare e di vivere.  Mi richiamò il dottor Boari in persona e mi disse che aveva necessità di vedere la risonanza prima di valutare eventuali e ulteriori controlli e operazione. I miei genitori andarono a Milano per portare la mia risonanza. Lo specialista mi fece ricoverare e dopo un'ora dall'arrivo già mi avevano fatto le prime analisi ed ero in stanza. Un'organizzazione e un'attenzione al paziente diverse rispetto a quella che avevo ricevuto in precedenza. Quando non ero impegnato con indagini e attività sanitarie, e anche dopo l'operazione su una sedia a rotelle, mi dividevo tra il rosario, assistere nelle piccole necessità gli altri pazienti dell' ospedale e la cappella intitolata alla Madonna della Vita e che era aperta 24 su 24 e dove c'era il cappellano don Martino Antonini che era sempre disponibile.   Sentivo forte la necessità di rendermi utile a chi si trovava nella mia situazione. Nell'ospedale il mio sguardo era cambiato e vedevo anche la mia vita con una prospettiva diversa. Davanti a un bambino di 9 mesi con un tumore al cervello non potevo che ritenermi fortunato perché prima della malattia avevo avuto modo di vivere in 35 anni tantissime esperienze e di conoscere tantissima gente e una donna che mi amava e da amare. Quando tornai a casa ho cominciato anch'io afrequentare il gruppo di padre Emiliano insieme a Emanuela. A novembre ho seguito il "Corso del Silenzio" e in quella circostanza il fondatore del gruppo mi ha chiesto di diventare un responsabile e di fondare un nuovo gruppo a San Salvo. Il 21 febbraio abbiamo fondato un gruppo che si riunisce ogni mercoledì alle 21 presso la chiesa di San Nicola.

Hai mai chiesto il miracolo?

Continuo a fare le terapie e ogni due tre mesi faccio i controlli previsti in questi casi. Io già mi sento un miracolato e ogni mattina che apro gli occhi per me è un miracolo.

 

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