Nel Vangelo di Giovanni si legge che Gesù vide Natanaele da lontano e disse di lui: “Ecco davvero un israelita in cui non c’è falsità” (Gv 1,47). Gesù esamina rapidamente la personalità di Natanaele e loda il suo spirito di verità così come loda Giovanni Battista (cfr Mt 11,11), che amò la verità, mentre deplora i falsi, quelli che “Dicono e non fanno” (Mt 23,3).
Nella Bibbia troviamo parole molto dure contro i falsi e forse questo è uno dei capitoli più tristi del Vangelo di Matteo. Vediamo Gesù che si infuria: “Guai a voi ipocriti, guai a voi, attori della vita, che volete manipolare e assassinare la verità”. Gesù insiste molto con i discepoli nell’amore incondizionato alla verità. Insegna: “Il vostro parlare sia sì, sì, nò, nò; il di più viene dal maligno” (Mt 5,37). La verità dà giustamente al prossimo ciò che gli è giusto: il diritto alla verità. Un giorno, potremmo anche essere condannati per i silenzi, per le verità taciute per convenienza, per le parole non dette, per non aver riconosciuto e non aver difeso la verità e i diritti del prossimo.
Sì, anche il silenzio può essere diabolico quando non difende la verità, particolarmente quella del debole. Chi appartiene a Dio, pensa come Dio, parla come Dio, ama la verità di Dio. Un proverbio recita: “La campana chiama gli altri in chiesa, ma non entra”. E don Camillo in un film afferma: “Il mondo è pieno di gente che predica acqua e beve vino” (Guareschi).
Gesù condanna senza mezzi termini l’ipocrisia. Purtroppo questa è una delle più pericolose e comuni malattie della religione, ma anche della vita sociale. Oggi, più che mai, viviamo di illusorietà, di apparenza, di superficialità. L’opportunismo, l’incoerenza, l’incostanza, il compromesso è prassi quotidiana cui tutti, chi più chi meno, ci adattiamo, allegramente.
Così non ci accorgiamo che con il nostro comportamento rendiamo antipatico il Vangelo e il cristianesimo. “La cosa che richiede più coraggio è professare una fede vera malgrado le persone false che anch’esse la professano” (Bruce Marshall). C’è bisogno di coerenza, di autenticità, di testimonianza sincera e trasparente. “Ci sono degli atei di una trasparenza feroce che, tutto sommato, si interessano a Dio più di certi credenti frivoli e leggeri” (Pierre Reverdy).
Dio ci guardi dall’essere cristiani frivoli e leggeri. Forse critichiamo i sacerdoti che non sono fedeli alla loro vocazione; contestiamo i politici corrotti; giudichiamo severamente i genitori di tanti ragazzi che finiscono sui giornali per episodi di violenza e di bullismo; critichiamo l’incoerenza degli altri ma non ci accorgiamo che la nostra vita è diventata una pallida larva spirituale. Coerenza è quella virtù per cui uno agisce come pensa e pensa come agisce. Anche noi dobbiamo dare esempio di coerenza tra la nostra fede e la nostra vita. Perché non ci accada di sentirci dire: “fate quello che dicono, non fate quello che fanno”. Diceva don Primo Mazzolari: “Per me non c’è il Vangelo quando lo si predica, ma quando lo si vive”. Recita così un detto della tradizione rabbinica: “Belle sono le parole sulla bocca di chi le pratica”. “Il mondo di oggi chiede ai cristiani di rimanere cristiani” (Albert Camus). Non cediamo alle mode passeggere o all’opportunismo. “Bisogna vivere come si pensa, altrimenti si finirà per pensare come si è vissuto” (Paul Bourget).