Domenica prossima, ultima domenica dell'anno liturgico, è la solennità di Cristo Re. La liturgia odierna ci indica a che cosa ogni credente deve stare attento nel proprio cammino di fede per poter vivere la propria esistenza di amore filiale.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. …
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”». (Matteo 25,14-21)
Nel racconto della parabola dei talenti. Oggi talento è parola comune, molto più espressiva che i suoi sinonimi riportati dal dizionario, come attitudine, dono, ingegno, capacità. Conosciamo talenti in tutti i campi, dalla musica alla pittura allo sport. C'è addirittura una professione nuova: “Talent show”, lo scopritore di talenti. E viene da pensare che il migliore “talent” al mondo sia stato nostro Signore, quando in Palestina cercò a chi affidare la sua Chiesa e scelse i dodici apostoli.
Talento è parola di origine greca, che ai tempi di Gesù indicava un lingotto d'argento (oggi potremmo dire del valore di 250.000 €). Insomma, un talento da solo era un capitale.
Il padrone che nella parabola compie un viaggio é un ricco sfondato, dato che possiede molti lingotti d'argento. E prima di partire li affida ai suoi servi, perché li traffichino e li facciano rendere.
Leggere tra le righe delle parabole non è sempre facile. Però possiamo intuire che il benestante del racconto è il Signore Gesù, che i servi indicano i suoi discepoli, noi cristiani. E quel viaggio lontano forse prelude all'ascensione di Gesù in cielo, ma che tornerà alla fine dei tempi.
Di fatto Gesù, partendo, ha affidato ai suoi discepoli i valori più alti: la parola di Dio, la fede, la carità, i doni dello Spirito, la promessa del Regno futuro. Insomma tutto ciò che costituisce la ricchezza spirituale dei cristiani. Chi ama dona, e Gesù dona con larghezza e fiducia, sicuro che i suoi amici useranno bene i suoi doni, sapranno farli fruttare. Così il suo amore un giorno sarà ripagato. Nella parabola si dice che l'assenza del padrone durerà un tempo molto lungo: quanto la nostra vita in terra. Nella vita ci troviamo con i nostri talenti - i doni di Dio - da far fruttificare. Chi ne ha uno, chi due, chi cinque. Ma non ha importanza quanti sono, perché la ricompensa alla fine ci verrà dall'amore di Dio e sarà uguale per tutti: l'adozione a Figli, la vita eterna.
Nel racconto poi è evidente che i primi due servi hanno occupato bene il tempo dell'assenza del padrone: hanno messo in gioco i talenti ricevuti, e li hanno raddoppiati. Hanno accolto la parola di Dio con fede, l'hanno vissuta nella speranza e carità. Davvero fedeli, senza sottilizzare tra il mio e il tuo, hanno messo tutto in comune col Signore. Sapendo che, come spiegava Paolo ai primi cristiani, "tutto è vostro, ma voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio" (1 Cor 8,22).
Il terzo servo invece non si rivela fedele. Anzi è definito infingardo e malvagio. Sembra consideri il Regno come un'azienda, diffida del padrone, lo ritiene severo e sfruttatore. Ha ricevuto un lingotto, e questo gli pesa sullo stomaco. Sa che un giorno dovrà restituirlo. Scava una buca e ve lo nasconde. Ma Gesù rimprovera chi agisce così. Cioè chi non è capace di fare per amore, ma almeno lo si dovrebbe fare per timore.
Dal comportamento di quei servi risulta che la Chiesa non è composta solo da credenti traboccanti amore e spirito d'iniziativa. Tra noi ci sono di quelli che fanno fatica a comprendere il Signore, a entrare in sintonia con lui. E chissà, forse anche a noi riesce difficile collaborare sempre in pieno con Dio.
A noi le conclusioni personali.
Intanto ognuno di noi porta in sé i suoi talenti, intesi come attitudini, abilità. Quei valori che Gesù tornando al Padre ha lasciato alla sua Chiesa, e che sono da far fruttificare. Sono doni fatti ai discepoli, perché diventino uomini nuovi.
Chiediamoci: In questi giorni che si sta concludendo l'anno liturgico della Chiesa, e per noi è tempo di inventari. Che ce ne facciamo, noi, dei talenti ricevuti? Ecco un compito per fine anno: possiamo passarli in rassegna, domandandoci se e come li stiamo usando.
Ma perché dovremmo faticare a fare il bene? La risposta è semplice: perché è bello così. Non per ricavarne un tornaconto, ma per la gioia di condurre una vita in pienezza, nell'amicizia e nell'amore.
Oggi, per la prima volta celebriamo la Giornata Mondiale dei Poveri, voluta da Papa Francesco: "Al termine del Giubileo della Misericordia ho voluto offrire alla Chiesa la Giornata Mondiale dei Poveri, perché in tutto il mondo le comunità cristiane diventino sempre più e meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi. Alle altre Giornate mondiali … desidero che si aggiunga questa, che apporta al loro insieme un elemento di completamento squisitamente evangelico, cioè la predilezione di Gesù per i poveri … Invito la Chiesa intera e gli uomini e le donne di buona volontà a tenere fisso lo sguardo, in questo giorno, su quanti tendono le loro mani gridando aiuto e chiedendo la nostra solidarietà. Sono nostri fratelli e sorelle, creati e amati dall'unico Padre celeste. … l'invito è rivolto a tutti, indipendentemente dall'appartenenza religiosa, perché si aprano alla condivisione con i poveri in ogni forma di solidarietà, come segno concreto di fratellanza. Dio ha creato il cielo e la terra per tutti; sono gli uomini, purtroppo, che hanno innalzato confini, mura e recinti, tradendo il dono originario destinato all'umanità senza alcuna esclusione".