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"Il peccato non fa parte dell’uomo, il peccato non rivela alcuna verità sull’uomo"

Commento al vangelo

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L’odierna solennità dell’Immacolata Concezione di Maria ci fa puntare gli occhi su un mistero della fede di recente definizione, seppur tale dogma fosse profondamente radicato nella devozione e nel sensus fidei del popolo cristiano. Tale dogma celebra il concepimento immacolato di Maria, ossia la preservazione dal peccato originale in vista dei meriti di Cristo della Madre di Dio. Maria è senza peccato, non perché è una figura eccezionale, non perché è esclusa dal genere umano ma anzi anche Maria e specialmente lei gode della salvezza di cui il Figlio ci ha resi partecipi.


Se il nostro tempo è il tempo di: “Peccare è naturale”, “peccare è umano”, Maria, donna eccezionale, ci dice che il peccato non è né umano né naturale; il peccato non fa parte dell’uomo, il peccato non rivela alcuna verità sull’uomo. Cercare felicità, gioia, senso della vita allontanandosi da Dio è pura utopia, semplicemente impossibile. Perciò il peccato non può essere l’ultima parola sull’uomo: Dio stesso nella Genesi promette che la stirpe della donna schiaccerà la testa del serpente (Gen 3,15), brano che i padri chiameranno “proto vangelo”, il primo vangelo.


La liturgia dunque ci pone innanzi due pagine di estrema importanza e valore umano e spirituale: il peccato delle origini e l’annuncio della maternità divina a Maria. Sin dai primordi della vita della Chiesa Maria è la novella Eva, colei che non è caduta nella trappola della tentazione. I padri evidenziavano con acume il parallelismo, nelle due pagine troviamo infatti due donne, due creature angeliche (il serpente e Gabriele), due proposte, ma due finali diversi.

Eva cede alla tentazione di diventare Dio senza Dio; Maria invece dicendo il suo eccomi all’angelo accetta di partecipare con Dio alla divinizzazione dell’umanità. In altri termini, l’umanità diventa capace di portare in sé e di unirsi a Dio, senza esserne snaturata o mortificata. In un tempo in cui bisogna annullarsi per essere qualcuno, questo non può che essere un vangelo, una lieta notizia.


Si comprende allora il brano un po’ ostico della lettera agli Efesini che, in termini spirituali, dice la verità più profonda dell’uomo: siamo chiamati ad essere “santi e immacolati nella carità”, “figli adottivi”, “eredi, predestinati a essere lode della sua gloria”. Cosa manca dunque a noi cristiani se in Cristo abbiamo ricevuto tutto, se in Cristo abbiamo ricevuto la possibilità di essere figli nel Figlio? Nulla.
Maria ci guidi nel nostro cammino di riscoperta di ciò che già siamo, di essere cioè come lei così pieni di Spirito Santo da non aver posto per nient’altro che non sia la Carità di Dio.

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