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"Lo stupore di essere guardati da Gesù"

Commento al vangelo

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La liturgia di oggi ci presenta la generosità di due vedove. 

“Il profeta Elia si alzò e andò a Sarèpta. Arrivato ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere». Mentre quella andava le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”».

La vedova di Sarèpta di Sidone accetta di condividere con il profeta Elia il poco che possiede e quello che le è rimasto per vivere per lei e per suo figlio. Come possiamo non stupirci di fronte alla fede di questa povera vedova! Si fida di Dio e a Lui affida il suo bisogno di vivere. La vita di ognuno di noi è una vita ricevuta, un dono che genera lo stupore di essere ricordato, amato, curato da Dio. Lo stupore di essere preziosi davanti ai suoi occhi. È un Dio, questo, che si prende cura di noi, che non ci abbandona mai, che non vuole la morte, ma ama la vita.

Gesù disse loro: «Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

È difficile capire il gesto di questa povera vedova del Vangelo se la fede non ci illumina la mente; al nostro modo di ragionare quell'offerta appare proprio un gesto inutile, banale, una scelta che contraddice le più semplici regole di un sano buonsenso: «Essa, infatti, ha dato tutto, tutto quello che aveva per vivere».

Questa vedova, nel suo rapporto con Dio, ha gettato più di tutti gli altri, perché gli altri hanno impegnato soltanto qualcosa, lei invece ha impegnato se stessa, la sua persona e la sua vita. 

Dice una preghiera liturgica: «Nella semplicità del mio cuore lietamente ti ho dato tutto».Cosa vuol dire «dare tutto»? E come nasce questo desiderio di «dare tutto», di uscire dai binari del buonsenso che, alla fine, coincide sempre e soltanto con la presuntuosa e stolta affermazione di sé? Nasce dallo stupore di essere guardati di nuovo da Gesù. Il suo amore ci precede, il suo sguardo anticipa le nostre necessità. Egli sa vedere oltre le apparenze, al di là del peccato, al di là del fallimento. Sa vedere oltre nostre categorie sociali, a cui apparteniamo. Egli va al di là di tutto ciò. Egli vede quella dignità di figli, che tutti abbiamo, a volte sporcata dal peccato, ma sempre presente nel profondo della nostra anima. Egli è venuto proprio a cercare tutti coloro che si sentono indegni di Dio, indegni degli altri. Lasciamoci guardare da Gesù, come ha fatto anche con la vedova, lasciamo che il suo sguardo percorra le nostre strade, lasciamo che il suo sguardo ci riporti la gioia, la speranza, la gioia della vita, la gioia del cuore, l’essere liberi da ogni ricchezza.

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