Alfiere Evangelista era un cosmopolita nell’aspetto e nei modi. Era una persona molto raffinata e con il quale si poteva intavolare qualsiasi discorso.
A San Salvo era noto come il titolare della cantina di “Lffir“ o “Masant”. Questi nomi prendono entrambi origine dalla nonna Masante Alfiera, originaria di Mondovì, in provincia di Cuneo.
Alfiera era una bella donna alta e imponente, figlia di carabiniere, trasferitasi nel 1870 a San Salvo con la sua famiglia in quanto all’epoca il servizio dell’arma non poteva essere espletato nella terra natia. Era una donna istruita e dal grande intuito. Insegnava a leggere e scrivere ai bambini e curava la corrispondenza coi familiari dei sansalvesi emigrati nel New Jersey. Anche il marito Evangelista Antonio per un periodo era emigrato in America. Con i soldi inviati dal marito, Alfiera comprava grossi appezzamenti di terreno.
La sua vitalità ha fatto sì che la gente imprimesse alla sua discendenza anche il suo cognome. Ebbe 4 figli e tra questi, Evangelista Giuseppe Vito padre di Alfiere.
Giuseppe avviò un'attività di commercio di cereali che lo portava spesso a recarsi fuori regione. La moglie Angela Muzi aveva aperto un forno in via Savoia. Il contatto con altre realtà territoriali indusse Giuseppe ad avviare un’azienda di produzione vinicola.
Era il 1954, anno di fondazione della cantina Evangelista. Fece subito costruire delle vasche di cemento armato 4x6 metri nel sotterraneo per ospitare il vino prodotto. All’epoca acquistava le uve dai contadini sansalvesi e vendeva il vino a grandi produttori del nord Italia tra cui Zonin. Nel 1959 nasce la Cantina Sociale di San Salvo, (ubicata in passato in via Gargheta) e nel 1961 la Cantina San Vitale (che sorgeva dove oggi c’è la BCC Valle del Trigno).
All’epoca i sansalvesi producevano solo vino cotto, la cantina Evangelista cominciò a produrre il vino crudo.
Alfiere seguiva sempre il padre e nonostante gli studi classici, si appassionò al mondo del vino. Lo accompagnava dappertutto e amava istruirsi su tutti i segreti delle viti e dell’uva tramite varie riviste specializzate.
In uno di questi testi aveva letto che le piante di rose potevano preannunciare una malattia della vite.
Nel 1968 Giuseppe fu colpito da cecità per via del diabete e Alfiere prese le redini della cantina apportando varie innovazioni.
Era appassionato della materia prima e del vino e nel tempo era riuscito ad essere un vero cultore enoico. Impiantò nei suoi terreni dei filari particolari e all’inizio del filare piantò un alberello di rose. I suoi vitigni nel periodo delle rose ancora oggi, sono spettacolari.
Spesso si recava fuori per motivi di lavoro e in queste circostanze amava frequentare ristoranti stellati per potersi inebriare dell’arte enogastronomica. Al ritorno da questi viaggi riportava le buone pratiche di marketing nella sua azienda. Nel 1981 è stato uno dei primi a iscriversi nell’albo degli imbottigliatori. Produceva il Montepulciano, il Trebbiano e il Cerasuolo Doc.
Nel 2010 lasciò le redini della cantina per motivi di salute.
Ai suoi figli ha cercato di trasmettere la sua passione per le cose belle della vita, la cultura e l’istruzione.
Alfiere esprimeva il suo amore viscerale per le su viti con queste parole: “la vigna è più felice se circondata di rose e merita di ascoltare della buona musica classica”.