Un vecchio proverbio dei nostri nonni diceva “anche la regina ha bisogno del vicino”. Era questo un modo per dire “cerca di andare sempre d’accordo con chi ti sta vicino e se non vuoi farlo per amicizia fallo per convenienza". Chissà se nella scelta del dove costruire un edificio ha influito anche questo modo di pensare. Nell’ultimo articolo della rubrica “Le antiche mura e i tesori nascosti della nostra San Salvo”, Giovanni Artese ci racconta la storia di edifici che vediamo quando siamo chiamati a frequentare il centro storico della nostra San Salvo.
Gli edifici storici del quartiere Garibaldi-Savoia
Il quartiere Garibaldi/Savoia, il secondo dei quartieri del centro storico di San Salvo per datazione, è sorto dalla prima espansione fuori le mura dell'abitato di età medievale e moderna. La primissima fase edilizia si ebbe già nel corso del Cinquecento (con pochi edifici realizzati) ma fu solo alla fine del Settecento - in conseguenza della consistente ripresa demografica - che si venne a creare un continuum di abitazioni sia sulle attuali via Fontana e corso Umberto I sia all'inizio degli attuali corso Garibaldi e via Savoia. In quest'area edificavano allora famiglie in ascesa economico-sociale, come quelle dei Fabrizio, dei Ciavatta, dei Monacelli, degli Artese insieme a famiglie di condizione più modesta.
La schiera degli edifici più antichi è dunque proprio la dirimpettaia alla Porta della Terra. Vi si riconoscono due edifici settecenteschi dal bel cornicione aggettante (il primo di Tito Artese, al n. civico 12; il secondo ai civici 18 e 20), un rifacimento liberty di un edificio più antico (casa Malatesta, civico 20) e l'ottocentesco palazzo Ciavatta, all'angolo tra via Fontana e corso Garibaldi. Un altro edificio settecentesco (dei Fabrizio) è stato alcuni anni fa sostituito da quello che ospita il bed & breakfast "Savoia". Su corso Umberto si allineano l'ottocentesco palazzo Sabatini, alcuni rifacimenti recenti di altre abitazioni sette-ottocentesche, l'otto-novecentesco palazzo De Vito e due altri rifacimenti di ex residenze settecentesche (di fronte piazza Giovanni XXIII).
Su corso Garibaldi sono degne di nota le residenze - a schiera - dei Marzocchetti (al n. civico 4), dei Monacelli (ben tre, ai n. 20, 24 e 28), dei Ciocco (civico 34), degli Artese (civico 40 e 44) mentre dalla parte opposta interessante è la residenza dei Cilli, al civico 27. Oltre piazza Europa, sulla sinistra, sorge il palazzo a corte di fine Ottocento di Oreste e Nicola Artese (civico 55); e, appena all'esterno del quartiere, la residenza di Pietro Artese (civico 67) e la chiesa vecchia di San Nicola, dedicata inizialmente al santo di Tolentino quindi a quello di Bari, con campanile a vela e facciata tardo-neoclassica. Su via Savoia, al civico 18 e 32 (angolo VI vico), due abitazioni sono databili al Settecento mentre gran parte delle schiere esistenti risultano edificate ai primi del Novecento. In questo caso si tratta di case ad un piano, unifamiliari o bifamiliari, con particolari architettonici della tradizione, quali cornicioni aggettanti del tetto, marcapiani, finestre pitturate di bianco, balconcini con le classiche ringhiere in ferro battuto, e più rari bugnati e mascheroni.
La parte urbana più caratteristica dell'intero quartiere è tuttavia senz'altro il reticolo dei vicoli (ruelle con termine dialettale francesizzante) che collegano i due principali assi stradali (corso Garibaldi e via Savoia) e che si slargano talvolta a formare piazzette e piccoli spazi pubblici, un tempo usati sia per le attività lavorative che per la socializzazione. In genere le abitazioni sono modeste, comunque interessanti (come la casa dei Torricella, in VI vico Garibaldi) ma non mancano palazzi, come quello a corte di Raimondo Sangiorgio, su IV vico Savoia, un edificio ottocentesco che, per un breve periodo nel II dopoguerra, fu anche sede del Comune di San Salvo.
Certo il quartiere ha subito, nell'ultimo trentennio, demolizioni, sopraelevazioni e ristrutturazioni talora discutibili, che ne hanno alterato il profilo architettonico originario. Alcuni interventi in controtendenza, eseguiti con attenzione a volte con cura, fanno tuttavia ben sperare che si possa un giorno recuperare la necessaria qualità architettonica, in grado di restituire funzionalità e bellezza agli edifici destinati sia alla residenza che alle attività artigianali e ai servizi.