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"San Salvo, dolce ricordo e tanta nostalgia"

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Ciao Fernando, mentre sto scrivendo i racconti della San Salvo che ricordo, mi è capitato tra le mani questa lettera di Suor Mariam arrivata a San Salvo nel primo dopoguerra e leggi cosa ricorda del suo arrivo. Io l'ho contattata, dopo tanti anni e sono anche stata a trovarla a Verona dove viveva allora nella casa madre. Un convento meraviglioso, edificio antico, che ricordava il passaggio delle truppe di Napoleone.Questa lettera me l'ha inviata nel 1990 su mia richiesta. 
Suor Mariam all 'età di novantanni (2005) ha continuato a darmi sue notizie, e viveva in una casa riposo del Veronese. Oggi, naturalmente, è passata a miglior vita. (Maria Mastrocola Dulbecco)

"San Salvo, dolce ricordo e tanta nostalgia"


Vi giunsi un pomeriggio del lontano ottobre 1946.  Avevo poco più di vent'anni, ed ero alla mia prima esperienza di lavoro pastorale dopo il noviziato.    Il mio cuore cantava: era colmo di speranza e di gioia. Ovunque vedevo l'Africa nera dei miei sogni.

Giunsi a S. Salvo dalla stazione di Vasto Marina, appollaiata su di un carretto trainato da un asino, anche questa era per me una emozione nuova.

San Salvo, mi venne incontro, con le ferite ancora sanguinanti lasciate dal passaggio di una guerra folle che non perdona.  San Salvo, dolce paesino di campagna, erpicato su di una collina, con i piedi bagnati dal mare Adriatico che lentamente scorre e si allarga in lontani orizzonti. 

Ne fui subito affascinata e conquistata fin dal primo impatto per la sua semplicità.

Tutto mi entusiasmava e mi esaltava: le strade non curate, lasciate in disordine, le case antiche, corrose dal tempo, case brune con poca luce, senza simmetria, con davanti bancarelle di pomodoro, di fichi esposti al sole ad essiccarsi; grossi grappoli di peperoni pendevano dalle finestre  e davano l'impressione di addobbi festosi.

La mia passione però fu la gente! Ah la gente! La gente! Ha avuto su di me un fascino meraviglioso: Ovunque si incontravano donne con bambini in braccio e per la mano e sul capo grandi cesti di vimini o anfore d'acqua. Uomini, con asini carichi di fieno, di grano raccolto nelle lontane campagne, nei pressi o oltre il fiume Trigno. Tutta gente umile, nata per lavorare sodo, senza tante parole.  Ma quanta accoglienza, quale musica armoniosa in quel dialetto incomprensibile, il modo di salutare con gioia, con il gesto della mano, quel sorriso sincero che sembrava dirti : "Benvenuta, ti aspettavamo fra noi".

Vivessi cent'anni non dimenticherò quegli occhi, quelle voci e soprattutto il cuore dei Sansalvesi!

L'abitazione che mi attendeva era povera come tutte le altre case. Era situata in mezzo alla povera gente, priva di acqua, di servizi igienici. A me sembrava una reggia, tanto ero felice!  Le sorelle della nuova comunità, mi accolsero con gioia ed entusiasmo; eravamo tutte giovani eccetto la Superiora che ci faceva da mamma. Ci cantava nel cuore l'ansia delle anime, la sete di donarsi a tutti per far sentire quanto è buono il Signore.

Nella nostra umile casa, sperimentammo la mano della Provvidenza, che si fece concreta attraverso le cose, il tempo e la disponibilità della povera e umile gente di S. Salvo.

Io mi occupavo della Scuola Materna. La struttura, una antica chiesetta non più funzionabile, senza le più elementari cose, come banchi, tavolini ecc.  Eppure non dimenticherò mai le prime gioie, i primi passi fatti con dei bambini con i quali non ci si comprendeva che a gesti e con gli occhi del cuore.

Poi c'erano le giovani: la porzione eletta del cuore di Dio: erano belle, con degli occhi stupendi, semplici e pure. Ancora oggi a distanza di tanti anni, ricordo i loro nomi, rivedo i loro volti sereni e soprattutto sento ancora le loro allegre risate.

Non so perché la Provvidenza abbia permesso che le Suore Pie Madri lasciassero quel benedetto paese

So solo che se oggi mi dicessero : torna in Abruzzo, partirei a piedi e non mi volterei più indietro, tanta è la nostalgia che mi pesa nel cuore

Verona 25/01/1990        Sr  Mariam Cenzato  (suore missionarie Comboniane)

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