TORREBRUNA - ''Il lavoro tra precarietà , salari bassi e produttività '', è stato questo il tema al centro del dibattito ospitato a Torrebruna, nei giorni socrsi, momento di approfondimento a cura dell'associazione 'Giovani per Torrebruna' e del locale circolo di Rifondazione comunista.
Problematiche comuni, quelle inerenti il precariato, ai piccoli centri dell'entroterra, sia abruzzesi che molisani, dove anche un solo posto di lavoro in più può rappresentare un'efficace arma contro lo spopolamento cronico. E anche dell'emergenza spopolamento, infatti, si è parlato nel corso del dibattito insieme a Marco Di Rocco, sindacalista Fiom, Antonio Di Laudo, segretario del locale circolo di Rifondazione, Gianni Monte, della Fillea-Cgil, al sindaco del comune montano, Guido Colella e al presidente della Comunità montana Alto Vastese, Luciano Piluso. Dagli interventi, moderati da Luigi D'Ettorre, è emerso come la precarietà , i lavori a tempo determinato, senza tutele, con trattamenti economici prossimi al regime di sfruttamento legalizzato, siano sostanzialmente divenuti la 'norma'. Di ''nuova forma di schiavitù'' ha parlato, senza nascondersi dietro le parole, il sindacalista Gianni Monte. Particolarmente significativo l'intervento di un lavoratore, assunto con contratto a tempo determinato da una nota industria di San Salvo, il quale ha tratteggiato una realtà lavorativa davvero preoccupante: il precariato che si protrae già da quattro anni, turni anche di dieci ore lavorative per sei giorni a settimana, dunque oltre i canoni fissati dai contratti nazionali. Una precarietà divenuta dunque ''a tempo indeterminato'', che impedisce ai giovani, soprattutto ai pochi temerari che vivono nelle zone dell'entroterra, di poter prendere, con la dovuta serenità , una qualsiasi decisione inerente il proprio futuro. Una precarietà che è sotto gli occhi di tutti, dei sindacati e delle istituzioni, alla quale paradossalmente ci si sta lentamente abituando. Marcato lo iato, la netta frattura esistente tra la cosiddetta classe politica, anche quella locale, e le aspettative dei lavoratori. Prendendo la parola nel corso dell'animato dibattito, molti operai residenti nei centri montani hanno denunciato, in sostanza, l'inerzia della politica, l'immobilità di fronte ai problemi legati alla precarietà e alla tutela dei diritti sul lavoro. Al presidente della Comunità montana, Luciano Piluso, recentemente entrato in Consiglio regionale, un lavoratore ha suggerito di smetterla di spendere denaro pubblico per costruire 'cattedrali nel deserto', come i numerosi maneggi o anfiteatri realizzati in zona e mai utilizzati, ma di impiegare quei fondi per porre in atto politiche a tutela dei lavoratori.
Perché combattere il precariato, nell'entroterra, signfica anche contrastare lo spopolamento, prima che sia troppo tardi.
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