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Dal “cucina e fai la calza” al primo voto

Il racconto dell’emozione del primo voto alle donne del 2 giugno 1946 di Nicolina Cilli

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Un tempo il ruolo della donna nella famiglia e nella società era relegato al governare la casa e accudire i figli. Un’espressione che rende l’idea di come la donna era considerata era “stai, cucina, fai la calza,  e procrea”. Mandare una figlia a studiare fuori “non stava bene”. Una donna maestra che andava a insegnare in altri paesi per prendere punteggio, era considerata una donna dal “cervello leggero”.

Ma lo stato sociale della donna non era solo un fatto esterno ma anche e soprattutto di autostima della donna stessa. Ognuna cresceva in un contesto in cui era normale non poter “dire la sua”.

Con l’attribuzione del diritto al voto da parte dello stato, ogni donna ha acquisito la consapevolezza del diritto di esprimere le sue opinioni.

Nicolina Cilli ha ancora vivo il ricordo di quel giorno, 2 giugno 1946, in cui per la prima volta le donne sono state chiamate alle urne.

Per l’occasione si indossava il vestito della domenica ossia quello della festa e si sentiva il peso della responsabilità di un segno di matita su un foglio. Tanta era l’emozione. Nei giorni precedenti il voto tutti si radunavano in piazza per ascoltare con interesse le varie fazioni. Per la grande emozione, molte donne votarono la fazione opposta a quella che avevano in mente.

Prima di entrare ci si faceva il segno della croce quasi a invocare la presenza dell’Onnipotente su un gesto così importante.  

Il giorno dopo sembrava che tutto era come prima, ma non era così. La donna ha cominciato a "dire la sua" nella sua casa.

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