“Sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Quello a cui si perdona poco, ama poco” (Lc 7,47)
Di fronte alla prostituta e ai suoi gesti di tenerezza, Gesù proclama il legame forte che c’è tra amore e perdono.
Chi vive esperienze d’amore e d’amicizia lo sa, perché nel concreto delle relazioni s’intrecciano profondamente le dinamiche dell’amare, con gli inevitabili errori che si compiono, e del perdonare, con la possibilità che questa scelta continuamente riapre. Senza perdono, non esiste e soprattutto non esiste un amore autentico.
L’intreccio non è a senso unico, come afferma anche la frase evangelica.
Da una parte, infatti, chi si appassiona davvero ad amare sbaglia in un certo senso per eccesso e quindi il perdono scende su di lui con abbondanza.
Se uno invece mostra di essere tirchio nel cuore, gioca al risparmio, calcola tutto anche nelle relazioni, ti viene da perdonarlo meno e soprattutto più difficilmente farà spazio al perdono,anche quando gli viene concesso.
La vicenda del re David è, da questo punto di vista, esemplare, si butta infatti con passione in tutto, anche nel suo peccato.
“Davide disse a Natan: Ho peccato contro il Signore! Natan rispose a David: Il Signore ha rimosso il tuo peccato,Tu non morirai” (2Sam 12.13)
Il peccato commesso è terribile, ha preso la moglie di un altro e per averla ha mandato il marito a morire in prima linea; ma la vicenda di questo re è di un uomo appassionato del suo Dio, irruento e generoso, pronto a riconoscere la colpa senza infingimento. Danza seminudo davanti all’arca del Signore, trasportata in Gerusalemme, e il disprezzo della moglie Mical non lo tocca.”L’ho fatto davanti al Signore” (2Sam 6,21). In questo è simile alla prostituta, che si getta ai piedi di Gesù e compie dei gesti considerati disdicevoli dal padrone di casa.
Come la moglie di David, anche Simone commenta disgustato tra sé e Sé: “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice” (Lc 7,39)..
Gesù gli fa presente la differenza con la donna: non è quella tra chi pecca, ma tra chi ama e chi non ama.
La preoccupazione di essere a posto, di non contaminarsi con ciò che è impuro, ha inaridito il cuore di Simone; analogamente a quanto dicevano delle monache di Port-Royal, convento giansenista e quindi rigorista del ‘600 francese: pure come angeli, superbe come demoni.
A confronto, la donna non si è risparmiata sfidando l’ira dei benpensanti, e ha abbondato in lacrime, baci, profumo. Non è solo un corpo da sfruttare, è un cuore incendiato d’amore; il perdono vi si riversa e trova accoglienza, come in uno cui è condonato un grosso debito.
Dall’altra parte non riesce ad amare con intensità chi si ritiene così a posto, che non ha bisogno del perdono di nessuno; infatti ciò che ha se l’è guadagnato con i suoi meriti.
Manca la dimensione della grazia, del dono immeritato, che invece fa dire a pubblicani e prostitute: proprio a me annunci salvezza, a me che non lo merito e non sono degno di essere amato così? Ecco perché ci precedono nel Regno di Dio.
Paolo, anche lui fariseo e scrupoloso osservante della legge, a contatto con il vangelo capovolge il suo pensiero e finalmente si arrende alla grazia.
“Sapendo che l’uomo non è giustificato per le opere della legge, ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi” (Gal 2,16).
Un capovolgimento così radicale, che noi ci siamo affrettati a ricondurre dentro i binari consueti. Siamo tornati a dire che il Signore ama i buoni, perdona solo chi prima si è pentito, tiene a distanza tutte le mele marce che possono contaminare quelle buone. Ci siamo rimessi dalla parte di Simone, garanti della morale più che annunciatori del Vangelo.
Ma la rivelazione del volto di Dio, della sua paternità che perdona, Gesù l’ha manifestata a noi non per moralizzare il mondo bensì per salvarlo, non per giudicarlo ma per amarlo.
E come suoi discepoli vuole chi ha sperimentato il dono di grazia – come il suo seguito femminile – non quanti si sentono in dovere di richiamare all’osservanza della legge, più per decoro che per convinzione.