La parola “vigilanza” nell’uso corrente ha perso di forza e significato. Oggi, essere vigilanti significa diffusamente essere attenti, fare attenzione. Mentre il verbo usato da Gesù significa concretamente non dormire, e quindi in senso traslato vigilare, essere vigilante, indica rimanere svegli, essere fortemente presenti di fronte a ciò che accade.
Questa presenza vigile, poi, deve essere piena di speranza perché annuncia un nuovo periodo della storia e dell’umanità, quando cioè l’amore vincerà ogni paura e odio, quando la guerra farà spazio alla pace, quando non ci sarà più l’oppressione dell’uomo contro il proprio simile (cfr Is 2,4). E così anche lo stesso racconto del diluvio (cfr Gen 7) non è un messaggio di distruzione da parte di Dio, ma un atto di fede nella presenza costante di un piccolo resto che salverà l’umanità dall’autodistruzione.
La nostra umanità, disorientata e smemorata, continua ai nostri giorni il processo di autodistruzione attraverso le guerre, l’oppressione dei poveri, con uno sfruttamento irrazionale del pianeta; dobbiamo perciò stare attenti ai segnali di una vita nuova. Attenti, alle arche capienti, che persone profetiche come lo fu Noè, costruiscono e aprono a tutti e nelle quali tutti possono vivere in pace e sicurezza.
Il messaggio è: dobbiamo trasformare le spade dei nostri innumerevoli conflitti, piccoli o grandi che siano, in aratri fecondi e in strumenti appropriati a edificare un mondo dove regni più giustizia e più amore (cfr Is 7,4). È in questo mondo rinnovato che bisogna scorgere il ritorno costante di Cristo e non in una sorta di post scriptum della storia arrivata al termine. Così si traccia un compito per chi vuole essere autentico discepolo del Signore: quello della fiduciosa vigilanza e di un’amorosa attesa, e l’utopia di Isaia è come un fondamento di questa nostra speranza, perché, in effetti, profezia e annuncio della venuta del Messia. Egli certo è già venuto, Egli è presente tra noi, Egli è il maestro della storia.
Tuttavia Egli rispetta la nostra libertà e ci lascia sonnecchiare richiamandoci ogni tanto alla necessità che c’è ben altro da fare; ma la vittoria finale del Suo regno di pace, di comunione e d’armonia è già assicurato. Perché la vittoria finale dipende da Lui e da Lui solo. Tuttavia, il momento quando questa vittoria si realizzerà dipende da noi, perché è attraverso di noi che Egli ha scelto di realizzarla. A ciascuno di noi, perciò, è chiesto di fare la nostra parte, nell’infinita varietà delle occasioni propizie come di quelle dolenti. L’Avvento, perciò, torna a ricordarci che proprio la veglia, l’attesa, il desiderio danno gusto e senso, al nostro tempo. Il desiderio, infatti, esprime la nostra tensione verso l’infinito e l’eterno.
Quelli che non desiderano e non aspettano nulla, vivono, ricorda Gesù, come gli uomini al tempo del diluvio: “non si accorsero di nulla” (Mt 24,39). Chi vive, invece, sotto lo stimolo del desiderio, sperimenta che esso è energia. Quanto più forti sono i nostri desideri, tanto maggiore sarà la nostra energia. L’uomo si misura dal suo desiderio. Un’anima si misura dalle dimensioni dei suoi desideri. Per questo, non permettiamo la caduta del desiderio nella nostra vita cristiana, verso il bene, il bello, il giusto. “Comportiamoci onestamente” (Rm 13,13). Desideriamo di essere e di dare sempre di più. Ricordando che i grandi desideri sono necessari all’umanità: le danno movimento e vita.
Il desiderio affretta e crea l’avvenire. Quindi, non diciamo più: “Domani...”; “Più tardi...”, “Più tardi ti pregherò meglio”; “Domani mi sforzerò, ma prima bisognerebbe che...”. Il Signore ci chiede: “Oggi”; “Subito”. Per fortuna non conosciamo la data del Suo ritorno! Altrimenti, quali calcoli non faremmo pur di scendere a compromessi con le Sue esigenze! Impariamo piuttosto a fare solo quanto è conforme alla volontà di Dio! Non lanciamoci in una brutta azione col pretesto che essa sarà fonte di un’azione migliore in seguito. E se Egli tornasse, prima che questa buona azione sia compiuta? Vegliare non è privarsi del sonno, ma fare ciò che Cristo si aspetta da noi: lavoro, vita di famiglia, sana distrazione o preghiera.