Da anni rappresenta un importante tassello dell’alta cultura sansalvese: Marco Rapino, una silenziosa ed insostituibile preziosità “archeologica” e non solo...
Lo si vede...ma lo si apprezza e lo si nota solo se si ha la fortuna di una sua guida e lo si ascolta nella sua eleganza glossologica e comportamentale che lo tipicizza e lo rende unico, talvolta apparentemente severo e ligio alle regole.
Intellettuale e professioanle è il suo habitus archeologico innescato nel suo factotum e sociale nel suo continuo e sbalorditivo “scire”.
Le sue spiegazioni poggiano sulla passione che lo carica di quell’entusiasmo che soltanto la passione sostenuta dal talento innato può creare.
I disegni di pozzi, strade e quantaltro sbalordiscono il più inesperto, raccontano con la voce di Rapino, storie passate dai tempi dei romani, sotto quella piazza che la “porta de la terre” ha quasi assorbito completamente.
Ma Rapino con la sua mano mentale ed elegante, cancella per alcuni minuti il folcloristico passaggio che sembra sbalordire soltanto con i briganti che tutti i sansalves conoscono, e ci catapulta con un linguaggio preciso, forbito e settoriale, in uno spazio temporale, arcaico, quasi inverosimile, dove ingegneri costruttori impeccabili ed avanguardistici, congiungevano pozzi intermezzati da pilastri di mattoni dall’incredibile sembianza attuale, co la’cqua che a vederla sembra arrivare ancora dalle nevi della Maiella.
L’archeologo Rapino insegna, ma soprattutto trasforma le sue effettive universitarie lezioni in “discorsi salottieri” dove tutti immaginano di brindare con lo spumante di uve delle campagne, dove i condottieri romani e le matrone, alzavano le coppe di vino col “prosit” di un futuro che, oggi, siamo noi.
Grazie Marco di esistere anche per San Salvo.
A te grata,
Angiolina Balduzzi