Se ambiente significa, letteralmente, ciò che c’è intorno, allora si deve intendere tutto, ma proprio Tutto, ciò che c’è intorno.
Infatti la psiche inconscia sceglie in modo arbitrario tra le cose incontrate quotidianamente nell’ambiente.
Informazioni minuscole e banali possono avere effetti psichici subliminali giganteschi, come mostrano i residui diurni dei nostri sogni.
Perché diamine siamo andati a sognare proprio quella cosa lì?
Gran parte della nostra giornata passa inosservata e non sarà mai più ricordata, ma ecco che la psiche pesca i rottami che galleggiano nell’ambiente e li consegna al sogno.
Il sogno, l’impianto di riciclaggio dell’ambiente, trova nella spazzatura i valori dell’anima.
Il sogno: un artista che si appropria di immagini presenti nell’ambiente per richiamarle alla memoria più tardi, in pace.
Poiché lo spazio in cui ci aggiriamo è fatto di realtà psichiche che influiscono sulla nostra vita, dovremmo ampliare la nozione di ambiente nel senso di una ecologia del profondo, partendo dall’ipotesi che il nostro pianeta sia un organismo vivente che respira e si autoregola.
Poiché qualunque cosa abbiamo intorno può nutrire la nostra anima in quanto alimenta immaginazione, là fuori è pieno di materia animica.
E allora perché non ammettere, che l’ecologia del profondo, che l’ambiente stesso è intriso di anima, animato, inestricabilmente fuso con noi e non già sostanzialmente separato da noi?
La visione ecologica restituisce all’ambiente anche l’idea classica di “Provvidentia”: l’idea che il mondo provvede a noi, bada a noi, ci accudisce perfino. E ci vuole vedere intorno.
Predatori, tornado, tafani in giugno sono soltanto frammenti del quadro. Provate a pensare a quante cose buone e profumate ci sono, invece.
Credete che gli uccelli cantino solo per altri uccelli?
Questo pianeta respirabile, commestibile, bello e piacevole, rifornito e tanto in ordine invisibilmente, ci mantiene tutti grazie al suo sistema di sostegno alla vita.
Questa si che è cultura.
L’ambiente, allora, sarebbe immaginato ben aldilà delle condizioni sociali economiche, aldilà di tutto l’impianto culturale, come comprendente ciascuna piccola cosa che si prende cura di noi ogni giorno: i nostri pneumatici, e la tazza di caffè e le maniglie delle porte ed il libro che ho in mano.
Diventa impossibile escludere come irrilevante questo pezzetto di ambiente a favore di quell’altro che invece avrebbe senso, come se si potessero disporre in ordine d’importanza i fenomeni del mondo.
Di importanza per chi?
Anzi, deve cambiare la nostra stessa nozione d’importanza; invece d’importante per me , penseremo: “importante per altri aspetti dell’ambiente”.
Ci domanderemo: “questa cosa fornisce nutrimento ad altra cose che ci sono intorno?”
Dà un contributo alle intuizioni del campo, di cui io sono soltanto una piccola effimera parte?
Via via che si trasforma la nozione di ambiente anche il nostro modo di vede l’ambiente cambia.
Diventa sempre più difficile dividere con un taglio netto psiche e mondo, soggetto e oggetto, qui dentro e là fuori.
Non so più con certezza se la psiche è dentro di me o se io sono nella psiche come sono nei miei sogni, nelle atmosfere del paesaggio e nelle strade della città, come sono nella “musica sentita così intimamente da non sentirla affatto, ma finche essa dura, tu sei la musica”. (T.S. Eliot)
Dove finisce l’ambiente e dove incomincio io, e anzi come posso cominciare, senza essere in qualche luogo, coinvolto intimamente e nutrito dalla natura del Mondo?
Tratto da “Il Codice dell’Anima” di J. Hillman