IL TERAPEUTA “CARONTE”
Il noto, ma spesso dimenticato Caronte, prese vita inizialmente nella religione greca, come mito, come trasportatore di anime da una riva all’altra del fiume Stige nel regno di Ade.
Questa divinità, Ade, figlio di Crono e di Rea e fratello di Zeus e Poseidone, ebbe per sorteggio la sovranità dell’Oltretomba. La principale caratteristica del dio delle tenebre sotterranee era la kynee, un copricapo che gli avevano donato i Ciclopi e che potevano renderlo invisibile.
La storia di questo dio tenebroso ed infero può essere trovata in qualsiasi libro di mitologia, ma la cosa interessante, a mio parere, è la simbologia attribuita alle attività del sottosuolo affinchè la terra germogliasse e fruttificasse, così da riuscire ad identificare in Ade il suo carattere di abbondanza agricola, colui che offre la ricchezza.
Non ci è difficile, quindi, provare ad immaginare la parola “inconscio”, con quella che è la terra del sottosuolo, capace di ridonare abbondanza a quanto ci sfugge dall’esser coscienti e che sempre più spesso, manda segnali, suoni, richiami che non riusciamo ad udire.
Ho azzardato la connessione del terapeuta (dall’etimologia “therapeùo” = avere cura, servire) con Caronte, quale traghettatore delle anime nell’oltretomba, e non ci è difficile provare ad immaginare quell’oltretomba come luogo di riflessione adatta alla rigenerazione, alla ricchezza, al germoglio di qualcosa di nuovo e di re-visione del vecchio. Certo non è, un impresa semplice o quanto mai gratuita.
Sempre nella mitologia, infatti, sappiamo che Caronte, l’instancabile traghettatore, pretendeva per il suo lavoro un obolo che i vivi mettevano nella bocca di ogni defunto. Le ombre prive di denaro dovevano attendere in eterno sulla riva a meno che non riuscissero a trovare scorciatoie con il rischio di perdersi.
E’ interessante questo passaggio in quanto il denaro può essere visto ed associato come energia da spendere per questo percorso, chi ha da spendere e da investire può raggiungere la terra si dell’oscuro e del tenebroso, ma anche la terra dell’abbondanza, la terra in cui piantare le proprie radici, insomma, per germogliare, crescere e fruttificare.
Quanto di tutto ciò, si può vedere ed annusare ogni giorno, in quante anime, per così dire, impassibili e non fruttifere che si aggirano per il mondo. Viviamo una sola volta, solo una. C’è chi vive si, nel presente, ma già pensando al futuro, cadendo in trappola di quella che si chiama ansia, e chi invece, vivendo il presente si ripropone come continuazione di vecchi comportamenti e vecchie visioni su come vivere il mondo stesso, cadendo vittima, questa volta, di quel brutto mostro chiamato depressione.
Dovremmo forse iniziare a cogliere i frutti di ogni giorno e soprattutto saperli apprezzare come doni della natura, come crescita. Un corpo senza cibo, difficilmente sarebbe in grado di crescere da solo. Ho parlato di corpo, ma non è difficile pensare anche alla psiche, nutrirsi, dunque, della natura stessa, delle “trasformazioni esperienziali” che molti, purtroppo, non riescono ad afferrare.
Dott. Valentino Christian
Psicologo
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