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LA MITICA CLUVIAE NEL PASSATO DI SAN SALVO?

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L’esistenza di un abitato romano nel cuore dell’attuale San Salvo costituisce un dato di fatto, una realtà che nessuno adesso osa più negare. Diversi studiosi l’avevano intuito già un quarto di secolo fa; ma ci sono volute le scoperte dell’ultimo lustro perché finalmente si riconoscesse la bontà delle loro conoscenze della loro intelligenza. Ci riferiamo in particolare al ritrovamento di fondazioni e murature di una domus e frammenti di un dolium negli scavi sotto la “Porta della Terra” (1997); al rinvenimento di una parte dell’acquedotto romano che attraversa il centro storico e poi termina nella Fontana Vecchia (2001); a reperti tardoromani e altomedievali emersi con i rifacimenti dei “muraglioni” di via Fontana e Fontana Vecchia (2001). Insieme a precedenti altri reperti recuperati tra il 1852 e il 1987, tali ritrovamenti confermano appunto l’oppido romano, con una estensione che sicuramente superava quella del successivo borgo medievale, intorno alla “Ecclesia et Monasterium Sancti Salvi” (corrispondenti agli attuali chiesa di San Giuseppe e palazzo adibito ad uffici comunali). Ma proprio questa certezza pone tuttavia un altro problema; e cioè quale fosse il nome dell’abitato romano (e preromano) di San Salvo, considerato che quest’ultimo toponimo è di chiara origine cristiana e dunque medievale. Sebbene si brancoli nel buio, il fatto curioso è che esistono indizi che portano a pensare a delle corrispondenze del nostro sito con quello della mitica cittadina di Cluviae, appartenente agli italici Carricini o Caraceni, poi popolazione della tribù Arnensis. E’ noto come gli archeologi abbiano situato Cluviae a Piano Laroma di Casoli, perché la popolazione carricina, il cui territorio era adiacente o perlomeno confuso con quello frentano, avrebbe abitato l’area del medio Sangro. In realtà, stando agli studi di Adriano La Regina, i Carricini potrebbero essersi estesi a ridosso dell’intera Frentania, e dunque anche nell’area collinare tra Sangro e Trigno. Non a caso le uniche iscrizioni allusive ai Cluvinses o Cluvienses Carricini sono state trovate ad Isernia e a San Salvo. Per quanto riguarda San Salvo, si tratta di una importante iscrizione su lastra bronzea, rinvenuta nel 1966 nei pressi della fornace Ruzzi, che ricorda “un decreto di patronato del senato di Cluviae, datato 5 maggio 384 d.C., in favore di un certo Aurelius Evagrius Honorius”. Ma occorre aggiungere che anche le poche e generiche citazioni degli storici classici su Cluviae, sono quantomai indicative di una realtà che potrebbe alludere più che a Piano Laroma proprio a quella di San Salvo. Tito Livio, nel riferire di un episodio relativo alla II guerra sannitica, del 311 a.C. (Storia di Roma, IX-X), fa menzione di Cluviae come di un luogo fortificato in cui venne fatta una strage della guarnigione romana e che ebbe perciò a subire la vendetta del console Giunio, il quale, dopo averla “espugnata a viva forza, trucidò tutti i maschi e condusse l’esercito vittorioso a Boiano”. Plinio, da parte sua, nella “Storia Naturale” apparenta i Carentini (Carricini) ai Frentani, benché non sia poi del tutto ordinato nell’indicare l’esatta successione delle città. Tacito, nelle “Storie”, parla invece di un C. Helvidius Priscus, originario di Cluviae e uomo assai potente presso la corte imperiale romana tra il 60 e il 70 d.C, la cui presenza è documentata ad Histonium e la cui villa si trovava nei pressi di Campomarino. Altri dati interessanti - rilevati da A. La Regina - sono che Cluviae fu costituita in municipio dopo la guerra sociale e che, dopo un periodo abbastanza prospero (verosimilmente tra I e III sec. d.C.), decadde rapidamente con la crisi dell’impero romano non lasciando traccia del suo toponimo né dando luogo all’insediamento di una diocesi vescovile. Questi ultimi dati si potrebbero applicare egualmente a San Salvo e a Piano Laroma di Casoli, con la differenza che a San Salvo, nel 1852, l’allora arciprete don Giuseppe Checchia scoprì, proprio a fianco della chiesa di San Giuseppe, un frammento di iscrizione (oggi conservato presso la Mostra Archeologica della “Porta della Terra”) in cui si menziona un censore o magistrato “quinquennale” come pure, così sembra, un magistrato della “provincia di Asia”. Tali deboli o generici indizi certo non possono bastare a dedurre qualcosa di scientifico sul sito di Cluviae e sul nome più antico di San Salvo. Eppure, sulla loro scorta, verrebbe voglia di parafrasare il Marchesani e il Piovesan, quando (alludendo in quel caso a Buca, altra mitica città frentana scomparsa e non esattamente identificata), affermavano: “ Se non qui... quale altro fu... il contrastato sito”? San Salvo, 28.03.2002
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