E' stato realmente il monaco benedettino Salvius, nato in Campania intorno all'871, divenuto poi rettore dell'abbazia di San Clemente a Casauria e morto intorno al 920 in concetto di santità , a dare il nome al monastero di San Salvo e all'omonimo paese? La tesi, formulata nel 1976 (in ''La città di San Salvo'') da don Cirillo Piovesan, studioso di storia oltre che parroco della chiesa di San Giuseppe, pur essendo stata accettata e divulgata da molti, evidenzia oggi non poche contraddizioni.
Nella sua ricostruzione, il Piovesan ha fatto riferimento soprattutto alla Cronaca di Leone Ostiense, da cui già sul finire del Settecento aveva attinto l'intellettuale vastese Benedetto Betti, giungendo all'incirca alle medesime conclusioni:
''Tutti i Luoghi che hanno il nome da qualche Santo furono in origine o Chiesa o Monistero titolare di quello [...]. Non d'altra natura fu questa di San Salvo [...] che in origine fu di ragione dei PP. Benedettini Cassinesi, insieme con quella di S. Vito presso la Real Fortezza di Pescara; [...] tradizione confermata dalla Cronaca appunto del Monastero di Montecassino scritta dall'Ostiense; poichè nel Lib. I di essa cap. 77. veggiamo che i PP. Benedettini ebbero appunto un Santo detto Salvo, oriundo di Campania, il quale resse lungo tempo il Monistero di S. Clemente di Pescara, ove morì chiaro di miracoli. Ove vedesi, che per divozione a tal Santo si avesse lì una Chiesa a Lui dedicata; che quindi cresciuta di oblazioni, e di donazioni di grandi rustici adiacenti, per comodo de' Coloni si cominciò attorno ad essa a fabricar case, che quindi risultarono in un Corpo di Terra detta ora dal titolo della Chiesa Terra di San Salvo''.
Ma se dal Chronicon Casauriense si evince in effetti che i possedimenti dell'abbazia di San Clemente a Casauria raggiunsero il fiume Trigno, alle relazioni tra l'abbazia di San Clemente e il monastero di San Salvo non fanno cenno nè l'Ostiense nè altri autori. Neppure Herbert Bloch, che nel suo Monte Cassino in the Middle Ages si era esplicitamente chiesto: ''Salvo, nato in Campania, è il fondatore di San Salvo?'', è riuscito a darsi una qualche risposta.
Secondo il Martirologio Romano del 2001, di santi con il nome ''Salvo'' o ''Salvio'' ce ne sono quattro: un Salvio martire in Africa (festeggiato l'11 gennaio); un Salvio vescovo di Alby (festeggiato il 10 settembre); un Salvio vescovo di Amiens (festeggiato il 28 ottobre) e un Salvio e Superio martiri (festeggiati il 26 giugno). Poichè gli antichi ''salvanesi'' celebravano la festa di San Salvo esattamente il 10 settembre non dovrebbero esserci dubbi che si trattasse proprio del santo vescovo di Alby.
Il culto di San Salvo in paese si è affievolito nel corso dei secoli, e poi addirittura è scomparso. Monsignor Vincenzo Daniele, nella relazione sulla visita - compiuta nel 1803 - alla chiesa (già intitolata a San Giuseppe) dell'abbazia dei SS. Vito e San Salvo, tra l'altro riferiva della presenza di una statua ''di S. Salvo Confessore e Pontefice'', che, per essere ''troppo rozzamente fatta'', era da ''riformarsi''. Il Piovesan sostiene che una statua di San Salvo che ''lo raffigurava in paludamenti vescovili e con in mano il libro della Regola di San Benedetto'' è andata distrutta in un rogo massonico alla fine dell'Ottocento: confermando in tal modo gli abiti ''vescovili'' del santo.
San Salvo (di cui non esistono più statue in parrocchia) è peraltro un santo raro in Italia. Un quartiere chiamato di San Salvi (noto soprattutto per il suo ospedale psichiatrico dove, tra il 1918 e il 1932 fu ricoverato il poeta Dino Campana), esiste tuttavia a Firenze e la sua storia presenta degli aspetti per noi interessanti e pertinenti. Tale quartiere si è originato infatti nel Medioevo intorno ad un monastero fuori porta, fondato verso il 1048 e dedicato a Sancti Salvi. Il monastero era stato voluto dai vallombrosani di San Giovanni Gualberto, che operavano in sintonia con i riformatori benedettini di Cluny, per i quali l'ordine di S. Benedetto andava riformato nel senso di una più rigorosa osservanza della Regola ed i monasteri sottratti al controllo dei poteri di conti o di vescovi-conti e sottoposti alla sola autorità del pontefice. Ebbene, il San Salvo venerato a Firenze è l'altro vescovo francese, quello di Amiens (di cui esistono immagini).
E se gli ordini monastici sono diversi, benedettino per il nostro monastero, vallombrosano per quello di Firenze, e il santo eponimo anche, ciò che accomuna le due realtà è da una parte il loro rapporto con la Francia e dall'altra lo spirito riformatore che le animava. Lo studioso molisano Domenico Lucarino ha scritto che, tra la seconda metà del X e la prima metà dell'XI secolo, parecchi feudi vennero concessi al Conte Berardo della Nazione dei Franchi e ai suoi discendenti; e che tale dinastia avrebbe donato ''nell'Alto Molise i seguenti monasteri: Sant'Eustachio all'Arco di Pietrabbondante, San Benedetto a Civitanova, San Pietro Avellana nell'omonimo paese, San Pietro del Tasso a Carovilli e Santa Colomba ad Acquevive di Frosolone''.
Per il territorio di San Salvo non si sa molto ma è nota una donazione di terreni, chiese e altri beni (dove si parla di un Monasterium Sancti Salvi), fatta, nel 1095, dal conte di Loritello, Roberto I, al vescovo di Chieti: per cui il monastero di San Salvo dovrebbe essere sorto tra il X e l'XI secolo (nella fase di passaggio dalla dominazione imperiale a quella normanna) a seguito della decadenza del monastero volturnense di Sant'Angelo in Salavento (il cui insediamento coincide con il sito della villa romana di via San Rocco). Il monastero di San Salvo si sviluppò in un ambito di tipo urbano (quello dell'oppido romano, dove i ruderi offrivano conci e materiali per la costruzione degli edifici) e con molta probabilità aderì alla riforma cluniacense se è vero che, nel 1204, potè agevolmente passare ai Cistercensi, anche loro riformatori dell'ordine benedettino e provenienti da Oltralpe. Scelta, questa, che avrebbe prodotto un intensificarsi degli scambi tra il territorio di San Salvo e la Francia centro-meridionale, in particolare dopo la fondazione - intorno al 1259 - nei pressi del Trigno dell'abbazia cistercense di San Vito (ridenominata, nel XIV secolo, dei Santi Vito e Salvo). Diverse sono le bolle papali indirizzate, nel corso del Trecento agli abati di San Vito del Trigno, specie durante la cattività avignonese (1309-1377) e lo scisma di Occidente (1378-1417, quando la chiesa del Meridione d'Italia rimase legata prevalentemente ai papi francesi).
Avviandoci ad una conclusione, ricordiamo che lo storico londinese Andrew Slade ha avanzato una personale e originale ipotesi sull'origine del toponimo di San Salvo, sostenendo che il nome Salvius deriverebbe da un aristocratico peligno di età imperiale romana (un certo Salvius Numisius Salaventus) insediatosi con la famiglia, forse a seguito della transumanza, sul nostro territorio; e che ''l'invenzione del santo cristiano SALVO è avvenuta molto più tardi: non prima del Mille''. Ipotesi che purtroppo non viene completata con la considerazione dell'identità del Salvo cristianizzato.
Pur nella prudenza che occorre mantenere nel formulare nuove ipotesi, riteniamo dunque di poter affermare che la tesi di un monaco Salvo eponimo di San Salvo andrebbe oggi rivista o comunque rimotivata. Perchè i pochi elementi documentali a disposizione ci dicono che la vicenda del Monasterium Sancti Salvi è in realtà piuttosto complessa e in gran parte sconosciuta e che il Santo Salvo di cui sappiamo qualcosa è soltanto il vescovo di Alby.