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Papàmbre e papambrone. Usi e curiosità del Papavero da oppio in Abruzzo

Un tempo utilizzato per decotti per bambini irrequieti

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Il Papavero da oppio (Papaver somniferum) è una specie conosciuta dall’uomo fin dall’antichità. A differenza di quanto si crede, è presente allo stato sub-spontaneo in buona parte d’Europa, a seguito di antiche colture. La specie, originaria dell’Anatolia, è attualmente diffusa in tutto il Vecchio Continente, dall’Europa sud-orientale sino al Sud-Est asiatico.
In Italia allo stato spontaneo si rinviene in numerose zone costiere, collinari e di montagna (fino a 1500) del Centro-Sud. Nelle località adatte, la specie si comporta da infestante, come il simile (ma più piccolo) Papavero comune o Rosolaccio (Papaver rhoeas), certamente molto più diffuso e conosciuto del precedente. I semi del papavero interrati possono sopravvivere molti anni e rinascere quando le condizioni di luce e umidità risultano ottimali, ad esempio quando un terreno abbandonato da anni viene nuovamente lavorato.

In Abruzzo, in particolari annate piovose, può essere comune soprattutto nell’aquilano e nel chietino, dove cresce in ambienti ruderali, campi non trattati con diserbanti ed ai margini delle strade.

 

OPPIO, MORFINA, EROINA. La morfina è stata scoperta come il primo alcaloide attivo estratto dalla pianta di papavero da oppio nel dicembre 1804 a Paderborn, in Germania, da Friedrich Sertürner.  La produzione commerciale della morfina iniziò a Darmstadt, in Germania, nel 1827 da parte della casa farmaceutica Merck. In seguito si scoprì che la morfina dava più dipendenza dell’alcool e dell’oppio, e il suo ampio uso durante la guerra civile americana causò più di 400.000 casi di “malattia del soldato”, dovuta alla dipendenza da morfina (fonte: Wikipedia).

L’eroina (esattamente Diacetilmorfina o Diamorfina), fu sintetizzata la prima volta nel 1874 dal ricercatore britannico C.R. Wright, ma la molecola non fu considerata interessante. Venne risintetizzata nel 1897 da Felix Hoffmann, chimico tedesco che lavorava presso la multinazionale farmaceutica Bayer, e che iniziò a commerciarla dal 1899. Fu battezzata commercialmente eroina (dal tedesco “heroisch“, eroico) perché inizialmente si credeva non avesse gli effetti collaterali di dipendenza e assuefazione della morfina. Si diffusero numerose preparazioni farmaceutiche acquistabili liberamente e l’eroina divenne velocemente uno dei farmaci più venduti in assoluto.

Nel 1925 l’Italia e gli Stati Uniti vietarono produzione, importazione e uso di eroina. Nello stesso anno viene firmata a Ginevra la Convenzione internazionale dell’oppio, a cui aderirono molte nazioni. Le ultime nazioni a mettere al bando l’eroina sono state la Cecoslovacchia (1960) e il Portogallo (1962).


 

ETIMOLOGIA DEL TERMINE DIALETTALE. In Italia meridionale il Papaver somniferum è  chiamato solitamente “papagna” o “papagno“ che è diventato sinonimo di “sonnolenza” e/o di “cazzotto”.

In Abruzzo, soprattutto nel Vastese,  la specie è conosciuta con il nome di “papambrone” o anche di “papàmbre“, termine quest’ultimo che designa propriamente il  Papavero comune.

Nel vastese, tra Lentella e Cupello, il Centro studi per la Cultura e l’ambiente della Montagna Vastese ha accertato la presenza anche del Papavero setoloso (Papaver somniferum subsp. setigerum), la varietà spontanea da cui si suppone sia stato selezionato anticamente il Papavero da oppio. Gli esemplari ritratti nelle foto di questo articolo, sono stati individuati a maggio 2012 lungo la valle del Trigno, in territorio di Cupello (CH). Sinora non erano note segnalazioni della specie in Abruzzo essendo tipica della costa tirrenica (v. Flora d’Italia, S. Pignatti, Vol. I, pag.354 ).

 

 

 

IL PAPAVERO DA OPPIO IN ABRUZZO. In Italia fino al primo dopoguerra il Papavero da oppio era ampiamente coltivato e utilizzato in medicina popolare per curare tosse, diarrea e dolori vari.

Nei mesi di giugno-luglio, dopo la caduta dei petali, le piante venivano raccolte, capovolte ed essiccate all’ombra. Ad essiccazione avvenuta si utilizzavano le capsule con cui veniva preparato un infuso.

Nel vastese e altre località del Sud Italia, si preparava un infuso facendo bollire per alcuni minuti 4/5 “teste” di papavero e la bevanda ottenuta, detta “papambre” si utilizzava come calmante per i lattanti e i bambini “irrequieti”! Infatti, per le  proprietà anestetiche l’infuso trovava impiego per lenire le “colichette” dei lattanti, i dolori relativi alla dentizione e per indurre il sonno.

A Celenza sul Trigno e altre località del vastese ancora oggi si dice “ci vulesse la papàmbre“, quando un bambino appare troppo irrequieto (oggi si direbbe iperattivo).


 

Sebbene tale uso, allora consueto, possa oggi apparire riprorevole e pericoloso, bisogna ricordare che la maggioranza delle donne al levare del Sole doveva recarsi nei campi e attendere ai duri lavori domestici senza l’ausilio degli elettrodomestici (la cui diffusione è avvenuta a partire dagli anni ’60) e delle baby sitter!

Possiamo affermare, inoltre, che  il decotto di papavero avesse una concentrazione di principi attivi molto bassa, per via della varietà di papavero, per il metodo di somministrazione e per l’esigua quantità di capsule utilizzate. Infatti, la specie utilizzata per il decotto era, solitamente, il Papavero setoloso (Papaver somniferum subsp. setigerum) che contiene alcaloidi in misura assai inferiore rispetto al Papavero da oppio coltivato in Asia.

D’altra parte non si conoscono, in letteratura, casi di “assuefazione”, malori o decessi riferibili all’utilizzo di preparazioni a base di decotto di papambra.

Invece oggi, purtroppo, nel Mondo Occidentale milioni di bambini considerati “iperattivi” vengono sottoposti a terapie prolungate a base di psicofarmaci al fine di risolvere problemi che andrebbero affrontati con metodologie pedagogiche ed educative. Gli effetti collaterali di questi psicofarmaci  possono essere gravi e conclamati (vedi Nopron).


 

COLTIVAZIONE. In diverse nazioni europee la coltivazione del P. somniferum è permessa solo con una licenza statale. Le varietà coltivate in Europa sono quasi esclusivamente a scopo ornamentale, e sono quindi cultivar selezionati appositamente per la grandezza e i colori del fiore.

La coltivazione a scopo commerciale avviene soprattutto in Spagna, Francia, Australia e Turchia per quanto riguarda l’industria farmaceutica.

In Italia è vietato coltivare il Papaver somniferum per estrarre gli alcaloidi, ma può essere coltivato senza particolari permessi puramente per scopi ornamentali, purché si tratti di pochi esemplari. Si noti il fatto che nelle Tabelle degli stupefacenti del Ministero della Salute è inserito oppio e morfina, tuttavia, non è inserita la pianta (come lo è ad esempio per la Cannabis indica), ma solo gli alcaloidi estraibili da essa. Quindi la coltivazione di tale pianta per puro scopo ornamentale, è legale.

Spesso si leggono notizie di cronaca sul sequestro di piantagioni di papavero da oppio. Ad esempio, all’Aquila nel 2008 vennero sequestrate 13.000 piantine di Papaver somniferum nel Comune di Fossa, lungo il corso del fiume Aterno. Ma, nonostante la zona sia stata “monitorata dagli agenti per un paio di settimane per individuare eventuali responsabili di una coltivazione intenzionale“, non si è riusciti ad individuare alcun responsabile. Probabilmente perché, come detto, la pianta in determinate circostanze (tipologia di suolo, condizioni del terreno, assenza di diserbanti, clima ecc.) può propagarsi con estrema facilità.


 

DESCRIZIONE.  I fiori sono attinomorfi, ermafroditi e terminali, con lungo peduncolo e un diametro che può raggiungere i 10 cm. Il calice è composto da due sepali caduchi che seccano con la formazione della corolla; quest’ultima è formata da 4 grandi petali, pieghettati nel bocciolo, di colore bianco, roseo, rosso o violaceo e con macchie scure alla base.

Il frutto è un treto, ovvero una grande capsula deiscente per mezzo di pori situati fra i lobi dello stimma, il quale persiste anche dopo la maturazione. I semi sono biancastri e reniformi.

La varietà spontanea in Italia ha fiori per lo più violacei, con una macchia più scura alla base ma può essere anche rosso o bianco.

 

ALTRE SPECIE DI PAPAVERO PRESENTI IN ABRUZZO. In Abruzzo sono presenti 8 specie di papavero, alcune molto rare o in forte declino per via del massiccio (e sconsiderato) utilizzo di pericolosi diserbanti.

Papavero da oppio (Papaver somniferum) – Coltivato come pianta medicinale, per i semi aromatici e come specie ornamentale. Sub-spontaneo in tutta Italia da 0 a 1500 m. Fiorisce tra maggio e agosto. In Abruzzo: comune in provincia dell’Aquila e di Chieti.

 

Papavero setoloso (Papaver somniferum subsp. setigerum) – Pascoli, muri infestante dei campi coltivati. Comune sulle coste occidentali dalla Liguria alla Calabria, Sicilia, Sardegna e Corsica. Fiorisce tra maggio e giugno. In Abruzzo: segnalato a Cupello e Lentella (CH).

 

Papavero comune o Rosolaccio (Papaver rhoeas) – Infestante i campi di cereali, spesso anche su ruderi e macerie. Comune in tutta Italia da 0 a 1950 m. Fiorisce tra aprile e settembre. In Abruzzo un tempo era comunissimo, risente del forte utilizzo dei diserbanti nei campi di cereali.

 

Papavero a clava (Papaver dubium) – Infestante le colture di cereali. Soprattutto su suoli pesanti, debolmente acidi. Comune in tutta Italia. Fiorisce tra aprile e giugno. In Abruzzo è poco comune, in forte rarefazione per utilizzo dei diserbanti.

 

Papavero pugliese (Papaver apulum) – Colture di cereali. Presente in Italia Meridionale, Sicilia. Raro in Istria, Veronese, Bergamasco. Fiorisce tra aprile e maggio. In Abruzzo: raro, segnalato nel Teramano e in poche altre località.

 

Papavero spinoso (Papaver hybridum) – Infestante le colture di cereali. Presente in tutto il territorio, soprattutto in colli aridi calcicoli. Fiorisce tra maggio e giugno. In Abruzzo: poco comune.

 

Papavero di Degen (Papaver degenii) - Ghiaioni e macereti calcicoli, da 2300 a 2750 m. Fiorisce in agosto. Specie endemica e rara, presente solo sui Sibillini e sul Gran Sasso d’Italia.

 

Papavero delle Alpi Giulie (Papaver julicum) – Ghiaioni e macereti calcicoli, da 1800 a 2600 m. Fiorisce tra luglio e agosto. Specie sub-endemica e rara presente solo sulle Alpi Giulie e in Abruzzo sul Gran Sasso e sulla Majella.

 

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