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Tempi moderni

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Regia, sceneggiatura, montaggio e musica: Charlie Chaplin.

Interpreti: C. Chaplin, Paulette Goddard, Henry Bergman, Chester Conklin, Lloyd Ingraham.

Produzione: United Artists. Usa. 1936.

Modern times si presenta come film cardine del cinema chapliniano poiché in esso appare, per l’ultima volta, il personaggio di Charlot. Diversamente dai suoi predenti film non appare come vagabondo ma come operaio in una catena di montaggio, immerso nei ritmi frenetici di una fabbrica che non concede pause. Gesti ripetitivi e ritmi incalzanti minano la ragione del povero protagonista che perde il controllo della propria mente. Sarà, quindi, affidato ad una clinica affinché venga riabilitato dall'esaurimento nervoso.

Rinchiuso nel penitenziario, a causa di una sostanza ingerita per sbaglio, sventa il tentativo di rivolta di altri detenuti, guadagnando così la libertà.

Viene prodotto in un periodo particolarmente delicato, segnato dalla Grande Depressione americana, quando lo sviluppo del cinema sonoro aveva già preso piede in una forte espansione che lo vedeva come “strumento principe” d’espressione. Il cinema sonoro infatti è la causa della morte di questo personaggio che imperniava la sua forza nelle doti mimiche. Nel film non ci sono veri e propri dialoghi ma, piuttosto, emissioni di suoni da parte degli attori. La voce del più grande attore del cinema muto giunge, però, al pubblico nella prima strabiliante occasione di una canzone. Sono, per lo più, gli elementi meccanici a “parlare”. Chaplin evidenzia tematiche sociali non indifferenti denunciando i crimini nei confronti della natura umana: la cruda realtà di lavoro all’interno delle industrie che annientano l’uomo e i suoi diritti primari. La grandezza di questa pellicola sta nei compromessi che contiene; si muove infatti tra  tradizione e innovazione, tra astrazione e realismo, tra comico e tragico e pamphlet sociale. Per questi motivi è stato accolto da pubblico e critica in modo contraddittorio, raccogliendo quindi tutti i contrasti peculiari del film nei loro giudizi. Mettere in evidenza le preoccupazioni culturali del tempo concesse al film una grandiosità che spaccò letteralmente in due l’audience. All’epoca, nella terra natale, ovvero l’America fu considerato un film politico contribuendo ad un clima culturale che auspicava in un cambiamento sociale. Nel febbraio dello stesso anno, 1936, Modern times fu presentato a Parigi e Londra. Solo successivamente arrivò in Germania e Italia perché incontrò numerosi ostacoli legati alla censura.

In un’intervista il regista dichiarò: “A molti è parso che nel film si facesse propaganda. Ma esso non fa che mettere in ridicolo il disordine generale di cui soffriamo. Se io avessi cercato di raccontare al pubblico ciò che occorreva per fare ovviare questo inconveniente, penso che non avrei potuto farlo in forma divertente, attraverso un film. Avrei dovuto farlo con tono serio, dall’alto di una tribuna.”

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