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La dolce vita

"Questa è proprio l'arte che preferisco, quella che penso servirà domani: un'arte chiara, netta, senza retorica, che non dica bugie, che non sia adulatrice."

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La dolce vita, diretto da Federico Fellini nel 1959, eccita e scandalizza un Paese intero senza però incappare nella censura tipica del tempo. Fu insieme scandalo e trionfo. La costante attenzione della stampa favorì il crescente interesse per l’opera. La borghesia non sopporta un ritratto così licenzioso della vita romana come quello proposto dal film. Nonostante questi attacchi la pellicola non subisce  cesure ed ottiene ugualmente incassi sensazionali e riconoscimenti internazionali.
Questo è un film che vive di momenti, di piccole cose, di comparse fugaci. I salti sono veloci: via Veneto, i paparazzi, le notti romane, gli spogliarelli, le decapottabili, la periferia notturna, i ricevimenti. I personaggi sono particolarissimi: una donna qualunque esageratamente gelosa, uno scrittore frustrato, due amanti uniti in una casa allagata , una stella seducente che fa il bagno nella Fontana di Trevi, una madre che attende la notizia della tragica morte di marito e figli.
Marcello Mastroianni interpreta un giornalista scandalistico, accompagnato spesso dall’amico paparazzo, vive nella speranza di poter divenire un grande scrittore.  Invece la sua vita è ricca di piaceri effimeri che lo  opprimono. Il protagonista sembra quindi disorientato nella ricerca della vita agognata.
La pellicola brilla per i suoi contrasti, le scene introspettive e silenziose e il buio della periferia  si oppongono ai rumori di via veneto e alle luci dei ricevimenti.

Un momento di sconcerto, quasi una perdita di equilibrio, è rappresentato dal suicidio dell’amico del giornalista, che rappresenta probabilmente l'allegoria della morte dei suoi  ideali.

Il film manifesta la piena bellezza grazie alle magistrali inquadrature di Fellini ed al suo infinito genio.
Come recentemente affermato dall’attrice Claudia Cardinale, nella sua presenza a Sanremo 2014, lavorare con Fellini era una continua meraviglia. Gli attori venivano ripresi alle volte inaspettatamente e l’improvvisazione, tanto cara al regista, era fonte di sorpresa  ma, soprattutto, matrice di magia.
 

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