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La noia

“Dunque in quei giorni, una impazienza straordinaria dominava la mia vita. Niente di quello che facevo mi piaceva ossia mi sembrava degno di essere fatto; d'altra parte, non sapevo immaginare niente che potesse piacermi"

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Questo racconto di Moravia, scritto nel 1960, è condotto in prima persona e descrive la crisi di un borghese che tenta di ritrovare un rapporto col mondo, ossessionato dal bisogno di realtà. Dino soffre, sin dall’infanzia, di un raro disturbo: la  noia. Questa malattia viene definita come inadeguatezza della realtà nei propri confronti, inoltre porta alcuni esempi che chiariscono la sua condizione, come quello del bicchiere.
Comunemente ad altri personaggi di Moravia, il protagonista possiede una forte lucidità del suo disagio anche se non sa come liberarsene. Qui si introduce un possibile mezzo di salvezza: la pittura, poiché questa porta ad un necessario rapporto diretto con le cose. Ben presto questo si rivela tristemente fallimentare.
Dino è convinto che il suo male derivi dalla sua estrazione sociale, quindi dalla sua famiglia ricca e da sua madre che tenta incessantemente di mantenere un controllo sul figlio.
La storia, e quindi la vita di Dino, si evolve quando questo conosce Cecilia, bellissima modella di un anziano pittore. La ragazza diventa fulcro della coscienza del protagonista. Il protagonista necessita di questa figura per ritrovare la realtà attraverso la sua rappresentazione. Cecilia contiene in se gli opposti tra apparenza e realtà. Questa duplicità è disarmante e contrasta con l’aspetto adolescenziale.
Dino non riesce a dipingere la ragazza ed è qui che l’impulso erotico si carica e trasforma in impulso violento. Il sadismo viene però soffocato. L’ultimo tentativo per  possedere, almeno carnalmente, la ragazza è fornito a Dino proprio dal suo status. Egli, infatti, come meccanismo appreso dalla madre (che tanto rifiuta) offre dei soldi alla ragazza. Dopo l’ennesimo fallimento Dino, schiacciato dalla sua stessa vuota esistenza, decide di ricorrere al suicidio. Coerentemente con gli altri eventi del suo vissuto nemmeno ciò gli è concesso.
La scena finale ci porta in una clinica,  Dino paralizzato è ancora preda dei suoi tormenti. La noia non ha fine.

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